Un giorno nel mondo del welfare sociale per conoscere la fragilità.

Se il compito della scuola è anche quello di aiutare a imparare a vivere, il progetto “Un giorno al Cottolengo. La ricchezza umana dell’incontro con la fragilità” è sicuramente utile in questo senso. Alcune classi del nostro Istituto hanno aderito all’iniziativa proposta dalla direzione del Cottolengo e da altri professionisti già operanti nel mondo giovanile e che consiste, per noi studenti, nel trascorrere una giornata con il personale e con gli ospiti della casa.

Accompagnati dalle prof.sse Aguggia e Maucci, noi abbiamo vissuto a dicembre questa esperienza che ci ha consentito di valicare quella recinzione un po’ cupa che abbiamo costeggiato tante volte senza mai chiederci, forse, cosa ci fosse al di là di essa; ma siamo riusciti anche ad abbattere metaforicamente il muro di pregiudizi che spesso ci impedisce di vedere la realtà delle cose e soprattutto delle persone.

Siamo stati accolti al mattino da don Elio, dal dottor Caser e da suor Marta che ci hanno guidato alla conoscenza della casa, della sua storia e della sua ricaduta sociale sul territorio.

“C’è più gioia nel cercare di far felice il prossimo piuttosto che nel prevaricarlo” ci ha detto sorridendo don Elio e l’esperienza si è rivelata una testimonianza concreta di questa considerazione.

Nel corso della giornata abbiamo, infatti, incontrato le persone residenti al Cottolengo con le quali abbiamo condiviso giochi educativi e diverse attività: il nostro iniziale spaesamento si è dissolto velocemente grazie agli ospiti che ci hanno “sbloccato” con il loro calore ed i loro sorrisi. Non esageriamo affermando che ci siamo divertiti tantissimo sfidandoci a bandierina o nella “gara dei budini”, consapevoli anche della gioia che abbiamo portato a chi è stato meno fortunato di noi ma è senz’altro più capace di godere delle piccole cose.

Dopo aver visitato la struttura e pranzato nel refettorio, abbiamo trascorso il pomeriggio assistendo alla visione di un toccante filmato girato al Cottolengo di Torino e poi ancora…giocando; prima di lasciare la casa  ci siamo scambiati le nostre impressioni e forse non siamo mai stati così unanimi nei nostri giudizi. Allora abbiamo capito davvero le parole di don Elio.  Abbiamo compreso cosa significa essere fragili e questo ci permetterà, speriamo, di accettare anche le nostre fragilità; abbiamo provato cosa significa essere solidali e non competitivi come ci impone la società di oggi; ci siamo mostrati senza maschere di fronte a persone che non ne indossano mai; abbiamo confrontato le nostre ambizioni, a volte presuntuose, con la serena accettazione della vita di chi è nato tanti anni fa tra quelle mura che non ha mai abbandonato; abbiamo riso tanto tra di noi e con i nostri nuovi amici!

Alle quattro del pomeriggio nessuno aveva voglia di lasciarli e indugiava nei saluti, quando invece a scuola, al suono della campanella che segnala la fine delle lezioni, scattiamo come centometristi…

A questa prima fase dell’iniziativa ne seguiranno altre: è, infatti, in corso l’organizzazione di una serata a cui saranno invitati tutti i giovani che hanno partecipato al progetto e in cui saranno raccolte le loro considerazioni; infine, sarà indetto un concorso volto alla realizzazione da parte degli studenti di lavori che mettano in luce le esperienze vissute e i valori promossi dall’incontro con la disabilità.

                                                                               La III E del Liceo Scientifico delle Scienze Applicate