Ventiquattro ore nel passato: una visita alla ziqqurat

Era una sera come tutte le altre, e anche se il mio corpo avvertiva dei cambiamenti non ci feci troppo caso.

Era arrivata l’ora di andare a dormire, così i miei genitori vennero a rimboccarmi le coperte e mi diedero la buonanotte. Appena uscirono dalla mia stanza avvertii una sensazione strana: infatti notai che pian piano alcune parti del mio corpo iniziavano a scomparire, fino a che non intravidi una specie di portale con una luce giallastra che mi accecò.

Tutt’ad un tratto fui catapultato in un mondo che non rispecchiava per niente ciò che io avevo vissuto fino ad ora: improvvisamente mi ritrovai sperduto in una terra in mezzo a due fiumi, proprio come quella che avevo studiato qualche settimana prima a scuola.

In quel momento, non avevo la minima idea di come muovermi e di come comportarmi, fino a che non vidi in lontananza un gruppo di uomini che credo stessero lavorando.

A quel punto mi avvicinai a loro e chiesi informazioni. Dopo una breve chiacchierata mi dissero che stavano cercando di ideare un metodo per poter irrigare i campi. Io rimasi molto perplesso e mi domandai:” Perché al posto di cercare un nuovo metodo di irrigazione non utilizzavano la grande risorsa dei due fiumi?”.

Loro mi risposero che era necessario ideare un nuovo metodo, perché pur essendo una grande risorsa, i due fiumi erano tutt’altro che favorevoli all’agricoltura; così decisi di dare loro una mano in cambio di una guida all’interno della loro civiltà e soprattutto la possibilità di poter dare uno sguardo alla ziqqurat.

Loro accettarono e insieme iniziammo il lavoro. Il progetto consisteva in un’irrigazione a solco; in altre parole, l’idea era di preparare un campo leggermente in pendenza e partire da un colmo sul quale avremmo scavato un canale per far passare l’acqua: grazie a questo sistema, l’acqua sarebbe riuscita ad irrigare tutti i campi e garantire una notevole produzione agricola. Dopo qualche ora di duro lavoro finalmente riuscimmo a completarlo. Funzionava tutto alla grande: ero felice della riuscita.

Successivamente, come mi era stato promesso, i coltivatori, mi portarono a visitare la loro città. Appena arrivammo all’ingresso rimasi molto emozionato, non avrei mai pensato di poter avere la possibilità di stare per 24 ore all’interno di quest’epoca, ed era veramente un onore per me.

I coltivatori mi fecero da tutor- guida per l’intera giornata. Per prima cosa mi elencarono tutte le città che erano presenti nel loro impero: Lagash, Ur, Uruk, Eridu, Nippur, Kish e Umma; erano veramente tante!

Mi portarono all’interno del loro magazzino, dove raccoglievano tutti le risorse che ottenevano grazie all’agricoltura. C’era di tutto, ma una cosa veramente che potevi trovare in modo abbondante era l’orzo. All’interno del magazzino non si trovava solo cibo, ma anche vasi decorati d’argilla. Erano dei grandi artigiani, meditai.

Successivamente mi illustrarono la suddivisione del potere nel loro impero. Uno dei coltivatori mi portò all’intero della ziqqurat di Ur, al cui interno si controllavano il potere sacerdotale e politico. Appena la vidi a distanza notai subito la sua grandezza e il suo splendore. Mi tremavano le gambe, ero emozionatissimo. Arrivati all’entrata mi sentii veramente piccolo davanti ad una costruzione così imponente, ma entrai comunque.

All’interno ad accogliermi c’erano un re ed un sacerdote, che mi diedero il benvenuto. Arrivato di fronte a loro io mi inginocchiai. Prima di iniziare il tour della ziqqurat, scambiai qualche parola con il re e con il sacerdote.

Chiesi il motivo per il quale l’impero sumero era comandato da due persone, e loro mi risposero che in realtà all’inizio di tutto era solo un sacerdote ad aver il pieno potere, poi con il passare dei tempi si era deciso di spartire il potere in due poli; allora decisi di domandare al re che cosa comandasse lui, e gli chiesi: «E lei che cosa gestisce all’interno della civiltà sumera?». Lui sorrise alle mie formalità e mi rispose dicendo: «Stai tranquillo, puoi darmi anche del tu; comunque. all’interno della civiltà io organizzo la vita politica, emano leggi e decido guerre e alleati». “Un bel compito da gestire”, meditai, ma non feci in tempo a chiedere al sacerdote che subito lui decise di elencare i propri compiti, ovvero gestire i riti e ottenere i favori delle divinità.

Dopo aver fatto un quadro generale sui compiti che avevano il re ed il sacerdote, iniziammo il giro di istruzione all’interno della ziqqurat. Passeggiando al suo interno si potevano trovare prodotti agricoli, un deposito idrico ed un osservatorio astronomico: a proposito di astronomia, mi spiegarono che i Sumeri riuscivano a distinguere i pianeti. Da come parlavano, quella dell’astronomia per loro doveva essere una questione parecchio importante.

Oltre a ciò che ho elencato in precedenza, la ziqqurat possedeva territori anche al di fuori e che non erano dipendenti dal tempio. Io, incuriosito da ciò che mi stavano descrivendo, iniziai a farmi alcune domande, così decisi di porne una al sacerdote e gli chiesi: «Che divinità adorate?». Lui mi rispose: «Noi adoriamo divinità antropomorfe, ovvero a immagine dell’uomo, come ad esempio Anu, il dio del cielo, oppure Utu, il dio del sole».

Dopo aver assimilato quanto riferito dal sacerdote, feci un’ultima domanda al re. Il sole stava calando ed era quasi ora di ritornare a casa, quindi gli chiesi: «Voi come gestite gli schiavi?». Mi rispose che la schiavitù non era tanto rigida, perché spesso gli schiavi entravano in una relazione di fiducia con il padrone.

Io ringraziai, ma nel mentre mi resi conto che la stessa sensazione che avevo provato prima del mio arrivo si stava impadronendo del mio corpo; così decisi di comunicarlo alle mie guide di fiducia all’interno della ziqqurat. Loro, prima di lasciarmi, andare mi regalarono una tavoletta d’argilla incisa con segni grafici e dietro la storia della nascita della scrittura.

Io ringraziai nuovamente e pian piano alcune parti del corpo scomparvero e rividi il portale che mi aveva portato lì e che stavolta mi avrebbe dovuto portare a casa.

In men che non si dica mi ritrovai a casa mia con la tavoletta d’argilla che riposi sulla mensola. Nemmeno il tempo di arrivare che suonò la sveglia che mi indicò l’inizio di un nuovo giorno questa volta nella mia epoca.

Frastornato, rimasi ancora per un attimo a fissare il soffitto. Era stata un’avventura memorabile.

Matteo Morelli, 1 L