Ad Amsterdam con il termine Coffeeshop, vengono indicati i locali dove la cannabis è legalmente venduta e consumata. Le droghe leggere non sono legalizzate ma “tollerate”, se consumate all’interno e in modo discreto da clienti maggiorenni.
Mentre New York si classifica come ventunesimo stato americano a legalizzare l’uso della marijuana per scopi terapeutici ( può aiutare ad alleviare i dolori e a rendere più efficace il trattamento di alcuni tumori), si scatenano le polemiche nei confronti del Colorado e dello Stato di Washington, che ne autorizzano l’uso anche per fini ricreativi.
Perché mai uno stato dovrebbe scegliere di legalizzare le droghe “leggere”?
L’argomento è molto complesso, difficile da affrontare soprattutto per problemi di carattere morale e per mancanza di informazioni basilari. Si finisce spesso per cadere in luoghi comuni e superficialità.
Anche nel nostro paese il tema è stato riaperto e, a febbraio, la “Fini-Giovanardi” (del 2006) è stata dichiarata incostituzionale. Il decreto equipara senza alcuna distinzione tutti i tipi di sostanze, non permettendo una divisione tra droghe leggere e droghe pesanti e ponendo marijuana, hashish, eroina e cocaina tutte sullo stesso piano, anche dal punto di vista penale. Un elemento assai rilevante, se si calcola che circa il 40% dei detenuti è in carcere a causa della droga, di cui il 40% a causa di droga leggera.
Per prima cosa è meglio chiarire la differenza tra “legalizzazione” e “liberalizzazione”, due termini apparentemente simili e che spesso vengono confusi, pur avendo significati diversi.
“Io credo che la legalizzazione, e non la liberalizzazione, sia l’unica strada. […]” afferma lo scrittore e giornalista Roberto Saviano. “Legalizzare significa spostare tutto quanto riguarda la produzione, la distribuzione e la vendita di stupefacenti sotto il controllo dello Stato. Significa creare un tessuto di regole, diritti e doveri. Liberalizzazione è tutt’altro. È privare il commercio e l’uso di ogni significatività giuridica, lasciarlo senza vincoli, disinteressarsi del problema, zona franca.”
Una differenza sostanziale, sta nel fatto che con la legalizzazione, ( e non con la liberalizzazione) lo Stato potrebbe arrivare ad incassare diversi miliardi di euro in tassazione.
Perché essere favorevoli alla legalizzazione?
“Si ritiene, sbagliando, che essere antiproibizionisti significhi tifare per le droghe. Sottovalutarne gli effetti, incentivarne il consumo. Niente di più falso. […] Il proibizionismo (degli alcolici) ha già condotto l’uomo e lo Stato nell’abisso cento anni fa: non ha senso ripetere errori già commessi. La legalizzazione non è un inno al consumo, anzi, è l’unico modo per sottrarre mercato ai narcotrafficanti che, da sempre, sostengono il proibizionismo. D’altronde, è grazie ai divieti che guidano l’azienda più florida al mondo con oltre 400 miliardi di dollari di fatturato annuo. ”
L’assunzione delle droghe leggere non è però senza conseguenze.
L’ONU e l’Unione Europea si oppongono alla legalizzazione, in quanto avrebbe l’effetto di ridurre la percezione del rischio che rappresenta l’assunzione di tali sostanze, contrastando l’incoraggiamento (soprattutto verso i giovani) ad adottare stili di vita sani.
Inoltre, per ogni studio che dimostra l’efficacia dell’utilizzo della cannabis a fini terapeutici, ce ne sono altrettanti che ne dichiarano l’inefficacia. Anche se non dà dipendenza fisica può generare dipendenza psicologica e causare tachicardia, rallentamento dei riflessi, ansia, paura e stato confusionale. L’eccesso negli adolescenti può accentuare l’insicurezza, l’apatia, la mancanza di interessi e modificare lo sviluppo della personalità. Anche se esistono pareri contrastanti, sono provati gli effetti nocivi alla salute.
Le domande sono tante. Liberalizzazione, legalizzazione o proibizionismo?
Perché uno stato dovrebbe assumersi questa responsabilità?
Perché, soprattutto, abbiamo bisogno di fare uso di tali sostanze?
Per discutere sul tema, a Biella si propone una serie di incontri di discussione e riflessione, con la partecipazione di esperti del SERT (Servizio Tossicodipendenza ed Alcologia) e del progetto Drop-In.
Il primo incontro si è tenuto venerdì 28 grazie alla collaborazione di Rita De Lima, una delle fondatrici del SERT. Il prossimo incontro è fissato venerdì 21 marzo, alle ore 17.30 circa, in via Trieste 41.
Giovanni Bertoglio, Fatima El Habibi, Camilla Marucchi