Giovedì 26 Marzo 2015 l’IIS Q. Sella ha accolto l’ambasciatrice palestinese in Italia, dott.ssa Mail AlKaila, che ha tenuto una conferenza per le classi quarte e quinte. Una conferenza tenuta insieme al Dott. Diego Siragusa, ex consigliere che ha scritto numerosi libri sulla storia e sull’attualità dei territori occupati, e da Narimene Salhi, portavoce del gruppo “Biellesi per la Palestina libera” che hanno coinvolto con interesse i giovani alunni. Due ore non sono bastate per rispondere alle tante domande che giravano in testa agli studenti sulla questione Palestinese. Ormai, da quando siamo nati, sentiamo parlare del conflitto Israelo-Palestinese, ma ci siamo mai posti delle domande? Perché questo conflitto? Come mai questa guerra non finisce più?
Tutto ebbe inizio nel 1948, quando, a seguito di un’apposita risoluzione delle Nazioni Unite, fu dichiarato lo Stato di Israele nelle terre Palestinesi. A seguito della decisione, presa nel marzo dello stesso anno, di sradicare sistematicamente i palestinesi da quelle aree, furono distrutti 541 villaggi, 11 cittadine, 20 quartieri arabi in città a popolazione mista (come Tiberiade ed Haifa). 750.000 palestinesi, l’80 % dei residenti della Palestina storica, diventarono profughi. Oggi i profughi palestinesi sono quattro milioni.
Il riconoscimento agli ebrei immigranti dall’Europa del diritto di godere di un focolare nazionale in Palestina era stato dato nel 1917 dall’allora Ministro degli esteri della Gran Bretagna Arthur Balfour. Con la Dichiarazione Balfour la Gran Bretagna riconosceva ai sionisti il diritto di formazione di “‘un focolare nazionale” in territorio palestinese, che venne interpretato dagli stessi come la promessa relativa al permesso di costituire uno stato autonomo ed indipendente. L’interpretazione della Dichiarazione Balfour sarà subito causa di attriti tra la popolazione araba preesistente (che temeva la costituzione di uno stato ebraico) e i sionisti, che la interpretavano come l’appoggio da parte del governo britannico al loro progetto. Nel 1947 l’approvazione della risoluzione 181 previde la spartizione del territorio conteso tra uno Stato palestinese, uno ebraico e una terza zona, che comprendeva Gerusalemme, amministrata direttamente dall’ONU.
Da quel momento lo scontro tra le popolazioni arabe e gli immigrati ebrei si sviluppò con crescente violenza, tanto da divenire di difficilissima comprensione. Ogni tentativo di pacificazione sembra destinato a fallire.
Molti sostengono che questa guerra sia di tipo religioso, l’Europa guarda con grande preoccupazione all’avanzata del terrorismo ” islamico” (se possiamo definirlo islamico). L’ambasciatrice ha più volte ribadito che quella tra Palestina e Israele è una guerra politica e non religiosa, sostenendo che in Palestina convivono da sempre etnie religiose diverse: cristiani, musulmani e anche ebrei.
Un ragazzo chiede: “Mi piacerebbe sapere il ruolo del gruppo terroristico Hamas in questo conflitto”.
L’ambasciatrice risponde: “ Prima di parlare di terrorismo bisogna fare una distinzione netta tra terrorismo e lotta all’occupazione. La resistenza palestinese all’occupazione è riconosciuta ed è legittima anche per le Nazioni Unite. Hamas è un gruppo di resistenza contro l’occupazione che rappresenta una parte della popolazione Palestinese. Israele accusa Hamas di lanciare dei missili, ma se andiamo a vedere questi missili sono poveri, sono semplicemente costruiti nelle case e non recano tanto danno in confronto ai missili israeliani in grado di distruggere intere città. Israele usa Hamas come scusa, etichettandolo come terrorismo per coprire le violazioni dei diritti umani che ogni giorno perpetua nei confronti dei Palestinesi.”
Dice ancora: “La causa palestinese e quello che succede in terra di Palestina è un conflitto di tipo politico e a nessun livello religioso. Ci preoccupa ciò che succede in Israele, le continue dichiarazioni per una Grande Israele senza prendere in considerazione la Palestina. Ci preoccupa questo estremismo dal governo eletto dalla società israeliana, un estremismo che non prende in considerazione che ci sono 1,2 milioni di palestinesi in quei territori, il 20 per cento della popolazione. Questo ci preoccupa. Nelle nostre case ci hanno cresciuti senza differenze di religione, con amore e armonia, senza problemi e pregiudizi. Io sono Palestinese e sono Cristiana ma nella mia famiglia convivono musulmani ed ebrei.”
Meryem Sekka 4C LSSAM