– Il pregiudizio di sopravvivenza –
È facile imbattersi in articoli o post che narrano di un passo della vita di qualche personaggio di successo (su tutti Elon Musk, Bill Gates o Steve Jobs), proponendolo come esempio da imitare alla lettera per poter ottenere lo stesso successo. Facendo così, però, si commette un errore che affonda le proprie radici, dalle sfumature leggendarie, negli Stati Uniti, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale.
È il 1942 e un gruppo di scienziati, soprattutto matematici, viene incaricato dal governo americano di avviare uno studio statistico per migliorare la qualità di strategia e mezzi militari. Nel caso degli aerei, gli ingegneri della Marina statunitense si accorgono di come le parti più danneggiate dei velivoli di ritorno dalle missioni siano le ali e la coda: da ciò traggono la conclusione di aggiungere protezioni proprio in queste parti maggiormente danneggiate; per la decisione definitiva si aspetta però la conferma degli studiosi, tra i quali c’è Abraham Wald, matematico ungherese fuggito dall’Austria durante l’occupazione nazista.
La conclusione a cui arriva Wald è inaspettata, o meglio, totalmente opposta rispetto ai tecnici della Marina: egli, infatti, suggerisce di proteggere le parti meno danneggiate degli aerei ritornati in base; questo perché nell’analisi dell’esercito non si sono considerati tutti quei velivoli che alla base non hanno fatto ritorno e che, probabilmente, sono stati colpiti in punti diversi da e ali e coda, come serbatoio o motore. Ecco, dunque, il pregiudizio di sopravvivenza: l’insieme di aerei analizzati non aveva una valenza generale, esso infatti era formato solo da velivoli con danni non così gravi da non permetterne il ritorno, dunque non garantiva una panoramica affidabile di quali punti fossero effettivamente da proteggere.
Questo tipo di pregiudizio può trovarsi in molte situazioni: ad esempio quando notiamo che un certo gruppo di persone di successo ha al proprio interno una caratteristica comune, come nel caso di persone che hanno fatto tutte lo stesso tipo di scelta, automaticamente pensiamo che sia stata proprio quella cosa caratteristica in comune a determinare il successo, senza pensare che si tratti di una semplice coincidenza o, ancora, senza tenere conto di tutte quelle persone che hanno compiuto quella scelta o posseggono proprio quella caratteristica, ma che, invece, hanno fallito. Un esempio è quello di Bill Gates: molti articoli o post che troviamo su internet sottolineano come non abbia completato gli studi universitari, portando o arrivando spesso all’errata conclusione che l’università non serva per avere successo; di certo non lo garantisce, ma nemmeno lo esclude.
Altri esempi si possono fare con il mondo delle auto: magari vedendo un modello d’epoca ancora funzionante verrebbe da dire come le automobili di un tempo fossero più robuste di quelle moderne, senza calcolare tutte quelle macchine, sempre d’epoca, che si sono guastate o si guastano nel corso del tempo. Un caso simile è quello della musica: quante volte abbiamo sentito dire “Ah, la musica di una volta! Non ne fanno più di così bella”? Questo perché fino ai giorni nostri giungono solo le canzoni più famose e di conseguenza (solitamente) le più belle, mentre quelle brutte o poco piacevoli sono finite nel dimenticatoio.
A causa del pregiudizio di sopravvivenza si tende ad essere eccessivamente ottimisti, andando a considerare i casi di successo (gli aerei tornati in base) rappresentativi di un insieme di partenza in realtà ben più ampio.
Qual è dunque la soluzione?
Allargare il più possibile la propria visione sulla questione senza fermarsi solo ai dati più evidenti.
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