Dicono che le parole siano il modo con cui veniamo a contatto con la realtà, che se non possediamo una parola per descrivere un concetto, allora quel concetto stesso perda di rilievo; di tutte le specie animali, siamo l’unica ad avere distinto, dai semplici versi, delle vere e proprie parole, da mescolare, intrecciare e utilizzare per formare frasi talmente complesse da poter descrivere non solo ciò che ci circonda, ma anche qualcosa di impossibile, come ad esempio le storie di fantasia. Eppure, quanto davvero sappiamo delle parole che utilizziamo ogni giorno? È possibile che l’uso continuo di una parola o di un’espressione abbia fatto perdere quello che era il suo significato originale? È possibile apprendere qualcosa ricercando l’autentico significato delle parole?
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Per rispondere a questa domanda, proponiamo oggi tre esempi: le parole interesse, studio e dedicarsi sono tre parole molto frequenti nella nostra vita scolastica e non, ma cosa vogliono dire davvero?
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Tutti sappiamo cosa significa interesse, ma cosa direste se vi svelassimo che, essendo composto dalla preposizione latina inter (che significa “in mezzo”) e da esse (l’infinito del verbo “essere”), letteralmente vuol dire “ciò che sta in mezzo”, inteso come qualcosa che si fonde con il nostro animo, esistendo dentro di noi e caratterizzandoci? Similmente derivano l’inglese interest (inter + est), e il francese interêt.
Studio, letteralmente è un derivato del verbo studēre che in latino vuol dire “aspirare, applicarsi in modo attivo”, dunque indica un’attività assolutamente piacevole, che deriva da un desiderio personale e intimo. Addirittura, la piacevolezza dell’attività intellettuale, dello studium viene anche sostenuta dal fatto che per i latini faceva parte di quelle attività che erano raggruppate sotto il nome di otium, opposte all’officium che indicava invece tutte le attività “di fatica” e collegate al proprio dovere.
Infine, dedicarsi si compone della preposizione latina de (che introduce, fra gli altri, il complemento di argomento), del verbo dicere (infinito che traduce “dire”) e la particella “si” che in italiano indica il carattere riflessivo del verbo; quindi, letteralmente significa “dire riguardo a qualcosa”, indicando che l’atto della dedizione non deve fermarsi al puro interesse, ma deve passare anche per la discussione, per il confronto di ipotesi e idee riguardo al tema a cui ci si dedica.
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Kevin Roma, 4°C LS.SA.M.