Tutto può capitare per caso, anche da un semplice annuncio affisso per la città o un pensiero fatto per scherzare, ma poi ti rendi conto che sarà la tua passione, il tuo lavoro.
Questo è ciò ch’è capitato a Maurizio Pellegrini, noto regista e produttore cinematografico biellese, al quale, durante gli studi universitari, frullava l’idea di iscriversi ad un corso di cinema e fare un film tutto suo.
Come mio solito portare interviste, oggi propongo l’intervista a Maurizio Pellegrini, che ci racconterà come la sua carriera è iniziata, la passione che ha per questo lavoro e tutte le sue diverse sfaccettature.
Come sei entrato nel mondo della cinematografia? C’è stato un evento o un altro motivo che ti ha fatto dire “Seguirò questa strada”?
“Ricordo un istante preciso: correvano gli anni ’80, frequentavo il primo anno di Informatica e camminando per le vie di Torino, pensai che mi sarei potuto iscrivere ad un corso di cinema e poter fare un film tutto mio.
Un po’ come Nanni Moretti, con il suo esordio amatoriale con la pellicola “Io sono un autarchico”.
Il corso si avviò con i primi incontri nei sotterranei di Palazzo Carignano dove si impara dai classici del cinema, ma la manna dal cielo arrivò pochi anni dopo con un corso condotto dalla Rai di linguaggio del cinema.”
Finiti gli studi, eri già sulla sedia da regista, con megafono di cartone in mano e basco in testa?
“Non immediatamente. Per quindici anni lavorai nel mondo dell’informatica passando ore in ufficio, facendo avanti e indietro nelle sale macchine di grandi aziende, ma sempre con il pallino per il cinema.
Con gli anni incontrai persone con la mia stessa passione ed ecco che fondammo circa venticinque anni fa “VideoAstolfoSullaLuna”.”
Cos’è che ti piace di più di questo lavoro?
“Poter essere libero e poter scoprire. Rimanere in ufficio a guardare il panorama da una finestra mi fece pensare che la vita è là fuori, e non qua tra algoritmi e scartoffie.
Fare il regista mi permise di avere un contatto con il mondo e mi fece scoprire e documentare moltissime realtà.
Purtroppo però, il cinema è anche burocrazia e a volte mi sento più commercialista che regista.”
Noi vediamo sempre il prodotto finale di una produzione cinematografica: il film.
Alla base, però, c’è il copione: come funziona la sua stesura?
“Per molti sembra essere inutile questa parte perché tanto basta premere “REC” sul telefono, ma non funziona così.
La scrittura è quasi sempre un lavoro a più mani, di solito gli sceneggiatori vanno a coppie, oppure a gruppi come nelle serie tv. La trama del film nasce da un brainstorming collettivo.”
Vedendoti all’opera, la domanda sorge spontanea: quant’è importante la pazienza?
“La pazienza è indispensabile, ma ne servono di due tipi; ante e durante.
La prima serve prima di fare il film: ci si deve imbarcare in un’Odissea che può non avere un’Itaca e questa pazienza, spesso, diventa rassegnazione.
La pazienza durante è l’arma da usare sul set. Attenzione ai dettagli, ai suoni e correggere i minimi errori per ottenere la scena perfetta, a costo anche di fare più di un ciak.”
Quali novità ci saranno nel futuro della produzione cinematografica?
“Il futuro è adesso. Ormai è tutto iper-tecnologico e i film hanno un sacco effetti speciali. Questo è il new entertainment, ma spero che il cinema rimanga sempre qualcosa in grado di raccontare storie umane.”
Siamo alla frutta. Vuoi proporre una riflessione ai nostri lettori?
“Con una videocamera creo memorie e storie, ma per i tempi che corrono penso spesso che la digitalizzazione stia alterando l’idea di ricordo.
Con il telefono si fanno foto su foto, ma facendo così, chi le guarderà nel 2100? Perché non le sviluppiamo queste foto? Chi lo fa ancora?
Pensiamo a quell’immenso immaginario audiovisivo che stiamo costruendo oggi, che va dai video di TikTok ai colossal dei supereroi. La domanda è: cosa resterà di tutto questo?”
Veramente, cosa rimarrà di tutto questo? Me lo chiedo anche io, essendo il primo, come i miei coetanei, nato nella nuova era tecnologica e sempre con il telefono a portata di mano.
In conclusione, abbiamo capito che fare il regista non è per niente un gioco da ragazzi perché ci sono centinaia di questioni burocratiche da seguire, che a volte sovrastano la creatività. La creatività, la cooperazione e la pazienza sono gli ingredienti perfetti che servono al nostro “Tarantino” biellese nel suo lavoro, in ogni sua pellicola e in qualsiasi lavoro cinematografico.
Giovanni Inglese, 4°D LSSA