Grande interesse presso gli studenti ha destato stamane l’incontro – fortemente voluto dal preside Tiziano Badà – per riflettere sulle guerre in corso nel pianeta e sulla necessità di adoperarsi per il raggiungimento della pace. Ospitati nella palestra della Sede centrale, i duecentosessanta allievi delle classi quinte hanno così ascoltato gli interventi di sei relatori; i primi tre, quelli di monsignor Farinella (Vescovo di Biella), di Mario Armanni (comunità Sant’Egidio) e di Daniele Albanese (esperto di Politiche migratorie e interventi umanitari), hanno riguardato l’impegno della Chiesa e delle varie Associazioni umanitarie a favore della pace e del dialogo tra i popoli. Gli altri tre ospiti hanno invece narrato la propria esperienza di guerra, vissuta in epoche e scenari diversi: racconti drammatici, che hanno catturato l’attenzione degli studenti, i quali hanno ascoltato i relatori in assoluto silenzio. A prendere la parola per prima – tra i testimoni dei conflitti – è stata Graziella Balzano: classe 1933 e originaria di Novara, ha raccontato la propria esperienza di bimba dapprima sotto il fascismo con la militarizzazione dell’infanzia (quando fu, suo malgrado, “Figlia della Lupa” e “Giovane italiana”) e poi con la guerra e i bombardamenti; una guerra cui sopravvisse grazie all’aiuto materiale dei nonni, perché a suo padre, che si rifiutò di prendere la tessera fascista, venne tolto il lavoro e negata la liquidazione. Da qui, l’incoraggiamento di Graziella agli studenti, invitati a cercare sempre il dialogo, la gioia e la pace anche nei momenti difficili.
Altrettanto toccante la vicenda narrata da Ranà Naser, giovane donna siriana che si accorge di avere la guerra in casa improvvisamente, mentre sta apparecchiando la tavola per il pranzo e sente i primi spari; colpi ai quali, quasi miracolosamente, Ranà e la sua famiglia riescono a sottrarsi. Di qui la decisione di lasciare la Siria a favore dell’Italia (dove oggi lavora ed è perfettamente integrata con tutta la famiglia), con uno degli ultimi voli in partenza da Aleppo. Parimenti drammatica la testimonianza di Arkan Al Hassani, giovane iracheno classe 1994: “Sono cresciuto con la guerra in casa, quella tra il mio Paese e gli Stati Uniti; la guerra ci ha rubato tutti i sogni che un bimbo può avere: eravamo sempre in fuga dai bombardamenti e ci siamo dimenticati dei sogni, ma ci siamo abituati alla guerra. Eravamo così abituati alle morti violente che quando sentivamo di qualcuno che era deceduto per malattia non ci sembrava vero. Finita la guerra con gli Usa, nel 2010, è arrivato l’Isis ed io, divenuto cristiano, ho subìto varie torture. Così sono fuggito verso l’Europa, dove ho a lungo peregrinato sino all’arrivo in Italia. Sono stato molto aiutato dalla comunità di Sant’Egidio e dal popolo italiano, che voglio ringraziare [lo stesso aveva affermato poco prima Ranà Naser, n.d.r]. Ora voglio solo la pace – ha concluso Arkan -, quella pace che non ho mai conosciuto da giovane, ma nella quale voglio sperare possa vivere per sempre mio figlio, che ha pochi mesi.”
A questo punto sono stati gli studenti ad avvicendarsi al microfono per rivolgere ai relatori una gran mole di domande, le cui risposte, tutte parimenti dettagliate e ricche di argomentazioni, abbiamo qui accorpato e sintetizzato per motivi di spazio. Circa la possibilità di perseguire la pace, così ha risposto monsignor Farinella: “Come cristiano e come Vescovo la mia azione è quella di agire affinché si affermino le ragioni della Pace, della Giustizia e della Solidarietà e ribadire quanto afferma il Vangelo, e cioè che la guerra è la somma di tutti i mali e la pace è la somma di tutti i beni. L’impegno della Chiesa in questa direzione è sempre stato costante e può essere testimoniato, ad esempio, dalla straordinaria azione di Papa Giovanni XXIII durante la crisi di Cuba del 1962, quando si sfiorò un conflitto nucleare tra USA e URSS. L’appello alla pace lanciato dal Papa non lasciò insensibili i presidenti delle due superpotenze mondiali e la minaccia della guerra fu scongiurata. Ed è un impegno che certo non si esaurisce qui, ma si estende anche alla ricerca del dialogo tra le religioni, perché nessun capo religioso vuole la guerra. Cerchiamo quanto vi è di comune nelle rispettive religioni e lavoriamo per la pace: in questa direzione molto si era speso, ad esempio, Papa Giovanni Paolo II nel 1986, quando aveva riunito ad Assisi diversi capi religiosi per pregare per la pace; non dimentichiamo poi che nel 2019 l’attuale Pontefice, Francesco, ha siglato un accordo per la fratellanza umana e la pace mondiale con il Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyib (Dichiarazione di Abu Dhabi).”
In merito alla domanda di uno studente se vi fosse o meno un modello possibile di pace cui ispirarsi, ha risposto senza esitazione Mario Armanni: “Il modello esiste eccome. L’Italia vive in pace, ed è un modello positivo. Vogliamo buttarlo questo modello? L’Europa è unione, e l’unione sconfigge la guerra: contro la guerra deve lavorare quell’Europa che nel 2012 ha vinto il Nobel per la Pace!”
Infine, un tema cui i giovani sono molto sensibili, e cioè il ruolo dei social media. Sollecitato su questo argomento, ecco come ha risposto Daniele Albanese: “I social media rivestono un ruolo essenziale nella diffusione di notizie, specie da quei Paesi nei quali, per la censura e la propaganda dei governi, non sarebbe possibile conoscere la realtà oggettiva dai canali ufficiali; i questo senso, Instagram riveste un ruolo determinante per la diffusione di un’informazione imparziale. È infatti grazie a questo social se riusciamo ad avere, ad esempio, racconti in diretta su quanto sta davvero avvenendo negli ospedali Gaza. Non tutti i social, ovviamente, sono oggettivi; ricordiamoci però che, in generale, sono strumenti nelle nostre mani che ci permettono di raccontare la “verità vera”. Non per niente, la prima cosa che fa una dittatura è quella di silenziare i social e Internet.”
In chiusura, il ringraziamento del preside Badà ai relatori e un messaggio agli studenti: “Cari ragazzi – ha affermato il preside – anche alla luce di quanto ci hanno narrato i relatori, mi sentirei di salutarvi con un consiglio: coltivate il seme della pace che è in voi iniziando dalla gentilezza.”
Ufficio Comunicazione e Relazioni esterne Itis “Q. Sella”