Intervista a Matteo Lusiani

“Non sento mia la parola traguardo…

Il podcast è solo una delle tappe del mio percorso.”

Intervista a Matteo Lusiani, giovane biellese che gestisce il podcast “Brandroad”, uno dei più condivisi e seguiti

Matteo Lusiani è colui che gestisce il podcast “Brandroad”, un podcast che parla di brand e che è risultato essere uno dei più condivisi e seguiti.

Originario di Biella, Matteo ha ammesso di aver sempre avuto una vita “a zig zag”, senza una meta precisa. Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico Tecnologico presso il nostro Istituto, scelta fatta per via della multidisciplinarità di questo indirizzo, si è laureato in Lettere e ha intrapreso la carriera di giornalista presso “L’Eco di Biella”. Il suo sogno era quello di insegnare Lettere all’Università ma, avendo conseguito la laurea nel 2012, anno in cui ci sono stati numerosi tagli all’istruzione, non erano presenti dottorati accessibili.

Decise, quindi, di continuare il percorso come giornalista, malgrado la paga fosse molto bassa. Dopo qualche anno, scelse di spostarsi a Milano in cerca di un lavoro nel campo della comunicazione. L’inizio non fu per nulla facile, ma poi, con il tempo, Matteo capì che la sua strada poteva essere all’interno dei brand.

Dopo questo cammino tortuoso, Matteo ha attivato un suo podcast che parla proprio di brand e che viene ascoltato da tantissime persone.

Sei partito da studi più umanistici come lettere, avvicinandoti alla filosofia e hai lavorato nel mondo del giornalismo.

Poi hai deciso di cambiare tutto e ora ti interessi di strategie di marketing: come mai?

“Una delle caratteristiche principali del brand è quella di essere a metà strada tra diversi mondi, dall’ambito artistico a quello letterario. Un brand può essere paragonato ad un romanzo perché, dopo la pubblicazione, ognuno lo interpreta in modo differente e ogni interpretazione, anche se sbagliata, va accettata, come diceva Montale. Con il brand è lo stesso: se un evento o una pubblicità vengono mal interpretati, non ci si può fare nulla. Ci sono, quindi, molti paragoni tra brand e letteratura. È per questo che molte persone che lavorano in questo ambito arrivano da studi umanistici.”

Che cos’è un brand?

“Questa domanda è una delle più difficili per chi lavora nel settore, perché esistono migliaia di definizioni di brand e ci sono tanti dibattiti a riguardo. Possiamo partire con il dire cosa non è un brand: un brand non è un logo, non è un prodotto e nemmeno un’azienda. Cosa resta quindi? Le emozioni che i prodotti o i nomi dei brand suscitano nelle persone, la capacità di creare tali emozioni con coerenza, i valori che quel brand trasmette e tutti i significati che ci sono dietro. Personalmente, ritengo che una delle definizioni migliori sia “Gut feeling”, che sta ad indicare che un brand è un sentimento di pancia nei confronti di un’azienda. Spesso, per far capire il significato di brand ai miei amici e dimostrare loro che i brand sono quel che c’è nella loro testa, nomino un brand e lascio che siano liberi di dire quel che vien loro in mente per 20 secondi. Alla fine di questi 20 secondi, tutto quel che hanno detto è il brand.”

Perché hai scelto come mezzo di comunicazione e condivisione il podcast?

“Ho scelto come mezzo il podcast in primis per il linguaggio, perché si ha la possibilità di avere tutto lo spazio che si vuole. Inoltre, apprezzo l’ampio margine di libertà di argomento e la possibilità di approfondire o raccontare un tema a propria scelta. Il linguaggio è poi l’unico mezzo di cui si dispone per comunicare con i propri ascoltatori, non avendo altro che la propria voce. Bisogna essere comprensibili, senza utilizzare termini troppo tecnici o complicati.

Un altro elemento che mi ha convinto è stato l’intimità che, con il tempo, si viene a creare con l’ascoltatore che, probabilmente, sta ascoltando il podcast con le cuffie o in un momento di relax.

Tutti questi elementi me lo hanno fatto sentire mio, oltre al fatto che i podcast sono attualmente un mezzo in crescita. Potevo utilizzare altri strumenti, come i blog o i social, ma, in entrambi i casi, si presentano difficoltà sia per i molti contenuti che ci sono al loro interno sia per la superficialità degli stessi.

Mettendo insieme queste riflessioni, sono, quindi, giunto alla conclusione che il podcast era il mezzo di comunicazione migliore per me”.

Di cosa tratta il podcast?

“Nel mondo del branding ci sono tanti professionisti, ognuno dei quali ha in testa diverse definizioni di brand e spesso viene, quindi, difficile capirsi. Ho pensato che potesse essere interessante raccontare la storia del branding, senza darne una definizione, ma raccontando le diverse tappe che hanno portato all’attuale concezione di brand. Pensavo che fosse necessario ed, evidentemente, non mi sbagliavo, perché molti ascoltatori mi hanno detto che il podcast è stato loro utile”.

C’è stato qualcosa nella tua vita che ti ha acceso una scintilla e ti sei detto “buttiamoci nel mondo del podcasting”?

“Non c’è stato un momento in cui mi si è accesa la scintilla. Ho iniziato ad apprezzare i podcast perché li vedevo come un buon metodo di comunicazione e, poi, ho preso la mia decisione”.

Abbiamo visto che al tuo podcast sono legati numeri importanti: potresti parlarcene?

 “Il mio podcast è entrato nel top 10% dei più seguiti e condivisi. Mi spiego: l’indice dei “più seguiti” indica il rapporto tra chi ascolta almeno un episodio e chi si iscrive al podcast; l’indice dei “più condivisi” rappresenta, invece, il numero di volte che il link alla puntata è stato condiviso. Il secondo è un numero assoluto, il primo è una percentuale. Entrambi sono due ottimi risultati, ma, guardando ai numeri assoluti, resta un podcast di nicchia. Insomma, non sono numeri giganteschi, ma io tendo a puntare maggiormente alla qualità che alla quantità e, dunque, mi ritengo molto soddisfatto.”

In conclusione, hai raggiunto dei traguardi, realizzandoti. Ci sono altri obiettivi che vorresti raggiungere?

“Non ho mai vissuto il podcast o il libro che ho pubblicato come dei traguardi. Sono stati momenti di felicità, che ho festeggiato, ma non li considero come delle vere e proprie mete. Per me sono tappe di un percorso in cui le soddisfazioni più interessanti devono ancora arrivare. Questo mi porta ad andare sempre oltre i miei obiettivi e le mie aspettative. Non sento mia la parola traguardo.”

Lisa Cremonesi 4ª A LSSA e Giovanni Inglese 5ª D LSSA