Riportiamo qui di seguito un bello scritto nel quale Mila Biasetti (5 F LSSA) riflette sul pericolo del vuoto culturale che verrebbe a crearsi con la scomparsa delle lingue, con particolare riferimento all’idioma piemontese. Buona lettura.
La voce della Storia
Ho passato gli anni della mia infanzia ad origliare affascinata, acquattata dietro una porta o una poltrona, le conversazioni tra mia nonna e mia bisnonna. Parlavano in Piemontese. Tutti nella mia famiglia lo parlano – chi meglio, chi peggio – di sicuro lo parlano quando sono arrabbiati oppure quando devono lamentarsi. Tutti, tranne me. Lo mastico appena, quel tanto che mi permette di comprendere il senso di tutte le parole, e di sbagliare tutti gli accenti quando provo a riprodurle. Quello che è certo è che non sarò in grado di insegnarlo a qualcuno e che questa mia ultima misera testimonianza se ne andrà con me.
Sembra inaccettabile, a pensarci così, seduta sul divano con un taccuino in mano, che una lingua muoia. Mi viene da chiedermi se anche l’italiano morirà prima o poi. Il mio unico mezzo di espressione, di efficace comunicazione con gli altri. Mi spaventa, tantoché cerco di negare che forse il suo declino è già iniziato: sta evolvendosi sempre più verso una lingua anglofona, e alle persone mancano tempo e interesse per preservare bellissime parole quali “logorroico”, “esacerbante” o “centellinare”. Non riesco a trovare un aspetto positivo in un’immensa perdita culturale mascherata da progresso.
Ci stiamo allontanando da millenni di Storia, una Storia a cui stranamente mi sento ancora devota, ossessionata forse; sono l’uomo teoretico nicciano, non vedo guadagno nello smarrimento del passato, non vedo redenzione. Continuerò, imperterrita, ad ostinarmi ancora un poco, in un mondo in cui sempre meno persone lo fanno, affinché tutto viva imperituro nel ricordo.
Mila Biasetti