
“Alcuni animali mi piacciono più di alcune persone”.
Questa frase è di Jane Goodall, una delle più grandi etologhe e ambientaliste del nostro tempo, scomparsa il primo ottobre di quest’anno all’età di novantun anni.
Jane, fin da bambina, manifestò un interesse particolare verso gli animali e il continente africano, tanto che ci si trasferì appena ventenne e dedicò la sua intera esistenza a studiare gli scimpanzé nel loro habitat naturale, cercando di comprendere il loro stile di vita. All’inizio fu difficile: gli animali non le permettevano di avvicinarsi e scappavano spaventati non appena era nei paraggi, ma Jane si immerse nel loro habitat finché non si abituarono alla sua presenza.
Il suo fu un atteggiamento rivoluzionario: all’epoca gli altri scienziati si limitavano a studiarli da lontano, guardandoli con i binocoli; lei sperimentò un metodo innovativo, basato sull’osservazione diretta e sulla costruzione di un rapporto tra uomo e animale. Se gli altri studiosi catalogavano i vari soggetti con dei numeri e li trattavano come oggetti animati, lei diede un nome a ogni individuo e si concentrò sulla diversa personalità di ognuno. Jane non voleva semplicemente raccogliere e registrare dati su di loro, voleva che gli scimpanzé si fidassero di lei, per questo iniziò a imitare i loro comportamenti, mangiò il loro stesso cibo e cercò di interagire con loro.
Dopo qualche anno, giunse a diverse scoperte incredibili: dimostrò che la loro dieta non è soltanto vegetariana, come si pensava, ma onnivora, capì che tali primati presentano una complessa struttura sociale e che provano emozioni simili a quelle umane. Ma non si fermò qui. Riuscì anche a spingersi oltre, tanto che notò come gli individui fossero in grado di modificare dei rami per poi utilizzarli per la caccia: di fatto, gli scimpanzé sapevano costruire degli utensili rudimentali, esattamente come l’essere umano all’inizio della sua evoluzione.
Sono molti i momenti toccanti e fondamentali vissuti da Jane con i suoi scimpanzé, ma vale la pena soffermarsi in particolare su uno di questi: durante una delle sue escursioni, Jane trovò un esemplare ferito e se ne prese cura finché non guarì. Quando lo liberò, prima di tornare nella foresta, lo scimpanzé si voltò e le diede un lungo abbraccio. Ciò dimostrò in maniera insindacabile che questi animali sono più simili all’uomo di quanto si pensi.
L’operato di Jane non si è fermato solo ai primati, la studiosa ha trasformato il modo in cui vediamo gli animali, trattandoli come esseri capaci di provare emozioni e dotati di un’incredibile intelligenza. Ha promosso la tutela dell’ambiente e la salvaguardia della biodiversità e ha sensibilizzato l’umanità intera sul rischio di estinzione di intere specie animali proprio a causa dell’attività antropica. Inoltre, ha ispirato e incoraggiato generazioni di donne a intraprendere carriere scientifiche, sfidando gli stereotipi di genere. All’epoca, infatti, le donne non erano accettate per gli studi sul campo e molte facoltà erano costituite esclusivamente da uomini. Infine, Jane ha sempre sostenuto la necessità di collaborare, perché solo aiutandosi a vicenda saremo tutti salvi, umani e non umani.
Martina Borello – 4A LSSA 25-26
Immagine di copertina:
https://creativecommons.org/publicdomain/mark/1.0/
Prima immagine galleria:
Autore: Heute.at | Ringraziamenti: Bild: Jane Goodall Institute
Copyright: Bild: Jane Goodall Institute
https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/
Seconda immagine galleria:
Wikimedia Commons | Dettagli licenza
