I compagni di classe dei manifestanti, pensano che loro scendano in piazza solo per “fare casino”; gli insegnanti ed i genitori, che partecipino solo “per saltare un giorno di scuola”. La realtà che sta dietro, però, è un po’ più complessa. Le motivazioni che portano gli studenti in piazza sono molteplici e si possono riassumere con un concetto: “non ce la fanno più”. Gli studenti si sentono privati di ogni prospettiva e chiamati in causa solo quando è necessario effettuare tagli sulle spese. Mentre le risorse impiegate nell’istruzione pubblica diminuiscono, sale il costo dei libri, dei trasporti, delle mense e delle tasse universitarie (al terzo posto tra le più care in Europa!) e di conseguenza, anche l’abbandono scolastico.
Venerdì 15 novembre, la Rete degli Studenti Medi ha indetto una manifestazione a livello nazionale, in occasione della Giornata Internazionale degli Studenti, una ricorrenza che si tiene ogni anno il 17 novembre per rivendicare il diritto allo studio e il diritto ad esprimersi. “Il futuro del Paese siamo noi” è uno degli slogan più ripetuti. Sono convinti che non ci possa essere una crescita in un Paese che non guarda alle nuove generazioni come una risorsa, che non ci possa essere un futuro diverso, se non si investe nella formazione.
Le proposte sono molteplici, ma il motivo di fondo è riassunto chiaramente nello slogan: Change the Way, inversione di marcia. Gli studenti chiedono una discussione con gli esponenti politici su un progetto d’insieme, per superare un sistema totalmente inadeguato e per rilanciare la scuola pubblica, partendo proprio dalle loro proposte.
“Ora basta. Ripartite da noi!”
Proviamo ad immaginare una scuola diversa.
Esiste una legge nazionale per il diritto allo studio per le scuole superiori, che garantisce, da Nord a Sud e a tutti gli studenti, le stesse possibilità, e definisce i Livelli Essenziali delle Prestazioni che ogni Regione deve obbligatoriamente fornire.
Il servizio di trasporti scolastico è completamente gratuito. Il costo dei libri, del corredo scolastico e delle mense non sono a carico degli studenti, perché esiste un fondo nazionale e locale che si impegna ad agevolare le famiglie, così da garantire a tutti la possibilità di andare a scuola. Lo stesso vale per le università. Inoltre non è presente il numero chiuso, un intollerabile limitazione del diritto all’accesso.
L’ambiente scolastico deve superare le verifiche istituite dall’”anagrafe dell’edilizia scolastica”, per tutelare la sicurezza e la funzionalità degli edifici. Deve inoltre provvedere a garantire servizi quali palestre, laboratori, spazi per attività didattiche alternative e per assemblee studentesche. Tutto è agibile comodamente anche per i disabili. Le aule rispettano determinate dimensioni minime e il numero massimo di studenti che possono accogliere, così da evitare “classi pollaio”.
Il mondo nel quale viviamo è in continuo movimento. Così, anche i metodi di insegnamento devono essere costantemente aggiornati. L’insegnamento non è un insieme di nozioni da trasferire, ma serve a stimolare ed accrescere le capacità di apprendimento, per imparare a valutare ed affrontare le tematiche attuali. Sono dunque presenti anche materie inerenti alla cittadinanza, alla legalità, alla pace e ai diritti umani. Inoltre, a fianco dalle materie obbligatorie sono presenti delle lezioni “a scelta”, cosicchè gli studenti possano coltivare e valorizzare le diverse attitudini ed interessi.
La scuola non termina con l’orario scolastico. Si può usufruire, come sottolineato, di corsi a scelta inerenti al proprio percorso futuro e, tramite la carta Io Studio, partecipare al mondo della cultura (cinema, musei, teatri etc.), con costi accessibili. Anche la partecipazione alle assemblee studentesche e alla Consulta provinciale è importante, perché, l’unico modo per incidere davvero sulle decisioni del Paese sul mondo dell’istruzione, è l’informazione e la partecipazione attiva a tutti i livelli. Ciò è possibile usufruendo degli spazi resi disponibili dalla scuola.
Non si tratta di semplici critiche e proposte, ma di una richiesta di “rivoluzione” nel modo di vedere la scuola. Quanto, però, è concretamente realizzabile? Molte delle proposte, per essere accolte, necessitano di un radicale cambiamento di mentalità: i manifestanti chiedono al Paese di mettere la scuola e gli studenti al centro e di garantire il diritto allo studio accessibile a tutti e gratuito, come definito dalla nostra Costituzione.
La risposta non è semplice. Ciò che è chiaro è che i giovani non ce la fanno più ed il cambiamento è inevitabile. Che strada prenderà però, dipende soprattutto da noi studenti. Si può non credere nella protesta studentesca come forma concreta di cambiamento, ma l’alternativa non è il disinteresse. Se non ci impegniamo in prima persona, saranno gli altri a decidere per noi. Dopodichè, però, non abbiamo più il diritto di lamentarci.
Le manifestazioni sono il mezzo, non il fine. Servono per attirare l’attenzione pubblica. Adesso tocca a noi studenti confrontarci, discutere, cercare accordi ed agire.
“Questo è solo l’inizio.”
Camilla Marucchi