Questione in sospeso, atto I


Questione in sospeso. 

Ci viene sempre detto che ogni fantasma ne ha una ed è per questo che rimangono tra noi, impossibilitati a trovare pace. Il fatto è che nessuno ci ha mai creduto veramente, io stesso trovavo ridicola questa idea. 

Poi sono morto. 

Infarto a ventisette anni, sfigato vero? Vi risparmio la descrizione del mio shock iniziale perché credo abbiate visto abbastanza film per poter almeno immaginare come sia andata. 

Posso, però, dirvi il mio primo pensiero, o quasi, ovvero: “Devo trovarla”. 

Dovevo trovare colei che era ed è ancora l’amore della mia vita, colei che ho visto piangere al mio funerale e sulla mia tomba senza poter fare assolutamente nulla. 

La rabbia che cresce nel corpo che non mi appartiene più al pensiero che nemmeno un essere sovrannaturale è onnipotente. Perseguitato dalla consapevolezza che perfino il più inetto degli inetti poteva aiutarla più di quanto potessi fare io. 

Per mesi è venuta a trovarmi; mi portava i fiori più belli del fioraio vicino alla scuola elementare che una volta frequentava e mi raccontava le sue grigie giornate. Piangeva soprattutto, piangeva tanto. 

Come per mesi lei veniva da me, per mesi io mi sono interrogato sulla mia questione in sospeso senza trovar risposta… questo fino ad oggi, tre anni e mezzo dopo. 

Oggi, 29 giugno, è il giorno del suo matrimonio. 

Procediamo con ordine; ad un certo punto le sue visite si son fatte meno frequenti e, per quanto trovassi gradevole la compagina dei miei vicini di tomba, la tentazione di seguirla era troppo forte. Fluttuavo al suo fianco come se non fosse mai cambiato nulla mentre i suoi passi ci portavano al nostro bar preferito, al nostro solito tavolo, dove qualcuno che non ero io era già seduto sulla sedia che ero arrivato a considerare di mia proprietà. 

E il sorriso di lei… oh, il suo sorriso! 

Accecante come la lama lucente di un pugnale pronto ad assaporare la carne che non avevo. 

Non credo di essere in grado di descrivere ciò che si prova nel vedere qualcuno che ami innamorarsi di un’altra persona come se si stesse dimenticando di te. Potrei dire che ci si sente come se la vita ti venisse succhiata via, ma io di vita non ne ho più. 

Fa male perché lei di me non si era dimenticata, ma forse il suo cuore l’aveva già fatto. 

Sorrideva molto più spesso; non metto in dubbio che sarebbe in grado di far sbocciare qualsiasi fiore durante il più rigido degli inverni. Intanto sulla mia tomba i fiori appassivano. 

Sei mesi fa è arrivata col più bel mazzo di garofani che avessi mai visto ed ha lasciato attaccato un invito. Era la prova del magico “” che non avrebbe mai detto a me. 

Ora sono in chiesa che l’aspetto anche se lei non sta venendo per me, almeno questa volta. 

Il vestito bianco che la rendeva più bella di Afrodite mi ha fatto capire il perché fossi ancora bloccato qui: volevo vederla sull’altare, sposata. 

Avrei dovuto essere io quello sull’altare in giacca e cravatta ad aspettarla. Oggi, proprio come il giorno in cui mi sono spento, non desidero altro che poterla chiamare “mia moglie”. 

Ma non succederà mai perché, di nuovo, mi trovo impotente. 

Urlassi con tutte le mie forse non riuscirei comunque ad impedire le nozze. 

È struggente non poter combattere per lei, mai quanto pensare che forse nemmeno vorrebbe che lo facessi. 

E così, mentre la sento pronunciare le fatidiche parole e mentre bacia colui che non mi somiglia lontanamente, sento la mia anima che abbandona definitivamente questo mondo per raggiungere la pace. Mi chiedo se sia effettivamente pace, questa, e se mai l’avrò. 

Perché l’amore che provo per lei, seppur nobile come quello cantato dagli antichi poeti, è la ragione della mia dannazione eterna. 


Martina Romano (4C LSSAM)
Eleonora Givone (4F LSSAM)