La nostra esperienza alle Olimpiadi di Problem Solving

Che cosa sono le Olimpiadi di Problem Solving? Questo è ciò che ci chiede chi ascolta la nostra esperienza, ed è ciò che anche noi ci siamo chiesti quando il professor Colucci, referente di Istituto per le OPS, ci ha proposto di parteciparvi. Il loro nome, in effetti, non richiama una particolare disciplina, come la matematica o l’informatica. Si tratta piuttosto, come abbiamo via via scoperto, di una forma mentale trasversale. 

I quesiti delle gare OPS abbracciano, infatti, tra l’altro, matematica, logica e tanta informatica; alcuni sono formulati in inglese, altri richiedono l’analisi di un testo, come ci si aspetterebbe in una competizione di Italiano. Il loro denominatore comune non è una materia scolastica, bensì l’essere non convenzionali, almeno rispetto agli esercizi, spesso “meccanici”, svolti normalmente in classe. L’obiettivo di queste Olimpiadi è insegnarci a risolvere tali problemi atipici, analizzandoli e riducendoli ad algoritmi, a sequenze di passaggi che sappiamo svolgere: insomma ad affrontare con metodo anche quesiti a prima vista astrusi, con un “pensiero laterale”, creativo, che si sviluppa con l’esercizio.

L’anno scorso ci siamo cimentati nella nostra prima prova come squadra. Ci conoscevamo appena, eravamo compagni di classe da pochi mesi, ma il nostro affiatamento è cresciuto di pari passo con la nostra abilità nel risolvere i quesiti, gradualmente sempre più complessi. Ci siamo riuniti più volte nel pomeriggio per approfondire insieme gli argomenti trattati ed esercitarci con le prove degli anni passati; nonostante l’eliminazione alla fase regionale, abbiamo continuato ad incontrarci, anche durante l’estate, approfittandone per uscire a cena e trascorrere le serate insieme.

Lo scorso autunno ci siamo nuovamente iscritti, più determinati, e, in seguito alle gare d’Istituto e alla gara regionale, siamo stati ammessi alla finale nazionale, presso il campus universitario di Cesena, succursale dell’ateneo di Bologna. Il 12 aprile scorso, per un giorno, abbiamo vissuto in un ambiente per noi inusuale e affascinante, quello accademico, per di più a contatto con alcuni tra i migliori studenti italiani, selezionati, come noi, tra i circa 25000 partecipanti alle Olimpiadi. Abbiamo seguito i passaggi di una stampa 3D discutendo con un professionista del settore; abbiamo assistito alla presentazione, da parte della categoria makers, di una batteria “suonata” da una scheda elettronica Arduino; abbiamo poi svolto la prova, che ci è valsa un ottavo posto.

Tornando da Cesena, ormai al termine dell’esperienza, che cosa ci resta? Al di là della mera posizione in classifica, che, forse, in fondo è fine a sé stessa, abbiamo avuto l’opportunità di approfondire argomenti non trattati in classe e di prendere dimestichezza con una competenza sempre più richiesta nel mondo del lavoro: il problem solving, che ci sarà utile per tutta la nostra carriera scolastica e lavorativa. La visita dell’università ci ha aperto le porte di un mondo fresco e dinamico, il misurarsi con problemi complessi e con nostri coetanei da tutta Italia ha allargato le nostre prospettive. E infine, nonostante alcuni di noi si siano iscritti anche alla categoria individuale, la squadra ci ha lasciato qualcosa che ricorderemo: la complicità, la gioia vissuta insieme per i successi, l’aiuto reciproco, ma soprattutto i lunghi pomeriggi trascorsi a scuola, il venerdì, riempiendo la lavagna di grafi, discutendo di figure retoriche e di programmazione.

Francesco Aiazzone, Elena Azario , Andrea Beltrami, Edoardo Spataro

2CLS.SA.M