Interpretazioni della solitudine

È bastata l’assegnazione di una “traccia” che chiedeva di parlare del loro personale lockdown perché gli studenti di terza e quarta liceo esprimessero le proprie sensazioni con toni diversi ma sempre sinceri e a volte spiazzanti. Nei loro scritti si ritrovano l’impostazione diaristica, la narrazione umoristica e persino la meditazione filosofica che raccontano le paure attuali, le preoccupazioni per il futuro, ma anche i momenti di inaspettata, e non trascurabile, felicità della segregazione. Si stupiscono, soprattutto, che la solitudine reale e coatta faccia loro (almeno ogni tanto…) più compagnia di una chat virtuale e liberamente scelta. Insomma, nelle loro riflessioni si fondono tragedia e commedia attraverso parole che forse solo gli adolescenti sanno trovare.

Disegno di Marta Turcato, III F

IV Liceo

Ora sono sul mio amato divano, televisione spenta dopo aver guardato il TG. Le notizie che ci vengono fornite sono incerte e contraddittorie, al momento l’unica certezza è che siamo in stallo, immobili e in bilico, tra il pericolo e la salvezza. Le istituzioni si sono bloccate, il tempo rallentato e le consuetudini sparite; insieme a queste, anche le abitudini. Persa è l’abitudine che ci contraddistingue, quella del saperci spingere lontano con l’immaginazione.

Il fatto che il futuro sia improvvisamente diventato così incerto ha avuto un impatto frastornante su di me. Sono sparite le sicurezze che mi invogliavano a scoprire sempre di più del mondo, rimpiazzate da dubbi e paure. Alla lunga la ripetitività dei giorni mi ha portato a dimenticare ogni intenzione futura, a rendere vacui i miei scopi perché irrealizzabili, o meglio inimmaginabili al momento. Le mie speranze sono state lacerate dalla lama dell’imprevedibilità, che non si riesce ad affrontare, perché incontrollabile; l’impossibilità di pensare liberamente in un mondo in cui il libero pensiero era stato la più grande abilità e gioia, mi ha prosciugata di tutti i necessari propositi, i liquidi indispensabili a irrorare tutta la mia personalità. Il non sapere che cosa potrebbe aspettarmi mi ha denaturata, e ora, come tutti gli altri uomini, non posso far altro che far fluire la mia immaginazione fino alla fine della giornata, e non oltre, cosa che mai aveva funzionato così per noi. Il pensiero del futuro ci rendeva qualcuno, uccelli pronti a spiccare il volo. Ora invece, vittima del confuso presente, mi sento un volatile senza ali, prigioniera di un mondo che non comprendo. Il mutamento della realtà, che prima percepivo con gioia, per me non esiste più. Bloccata in un limbo adimensionale, surreale, anche vedere l’effetto della gravità che fa cadere una foglia al suolo mi scuote come qualcosa di innaturale, qualcosa che non riesco a capire, che non mi è familiare perché questo non è più il nostro habitat.

Sono due mesi che siedo sempre sullo stesso divano, e che gli uccellini alla stessa ora cantano, un suono straziante che non riesco più a sopportare, così uguale a quello di ieri, e di tutti i giorni passati, e intanto mi rendo conto che ciò che prima ci rendeva diversi e nuovi pur essendo sempre gli stessi, era proprio la ragione. A causa della situazione attuale e che si perpetrerà per chissà quanto, ci è stato impedito di pensare in maniera legittima, di fantasticare e di attivarci in mille modi diversi, ci è stato impedito di vivere per quello che siamo. E ora le molle del nostro agire, cioè l’interesse, l’ambizione, la speranza e le sicurezze, si sono arrugginite e non scattano più. Al momento ci troviamo in una condizione che non ci consente di formulare pensieri in grado di attivare gli interruttori che accendevano il nostro ingegno, facendoci mutare e sopravvivere.

Ora ciondolo, senza delle vere e proprie intenzioni, senza essere riuscita a dare un vero e proprio senso alle mie azioni. Mi sento sola, abbandonata dalla facoltà distintiva e vitale di tutti gli uomini – la ragione – che senza sosta li ha spinti a camminare dritto e non in tondo.

Chiara

La mia routine giornaliera è la stessa per tutti i giorni della settimana, ma sono tutt’altro che annoiato e non mi sento solo.

È vero: ho un fratello, tre gatti, un giardino e andiamo tutti d’accordo. Questa è la situazione oggettiva ma non basta. Riflettendo, mi sono reso conto di avere un mio equilibro che non avevo mai valutato. Una sorta di accettazione positiva della situazione. Ho imparato ad apprezzare cose che prima non vedevo nemmeno.

Studio in giardino, non ci avevo mai provato. Il sole mi conforta. Mi sono creato una mia postazione, lontano da tutti. Un isolamento nell’isolamento! È da 18 anni che vivo qui e non mi ero mai accorto degli effetti rilassanti della natura.

Un’altra cosa che mi stupisce è che non sono spaventato. Capisco ovviamente il pericolo della situazione sia per la nostra salute che per l’economia, ma ho come la certezza che tutto tornerà come prima. Ci adatteremo a un periodo intermedio con mascherine e distanziamento che comunque ci sembrerà già un grande progresso. Non ho paura per il mio futuro, sono fiducioso che faremo tesoro di quello che è successo ponendoci con più umiltà nei confronti di questo nostro mondo. La storia ci insegna che le epidemie si sconfiggono ma è importante non dimenticare.

Più tempo, più spazio più riflessione…spero di riuscire a conservare tutto. La vita quotidiana di noi giovani è sempre accelerata, un momento vuoto non dovrà più far paura ma anzi andrà ricercato e apprezzato. La compagnia di un amico non sarà più scontata ma acquisterà un valore speciale.

Questo isolamento ci è stato imposto per salvare molte vite. La solitudine non è stata una scelta. Noi italiani soffriamo a non abbracciarci, baciarci e stringere la mano. Siamo un popolo sociale e torneremo a esserlo.

Francesco

Sembra tutto così surreale. Vivere lo stesso giorno tutti i giorni senza un conto alla rovescia ben definito. Lontana da tutto. Lontana da tutti.

Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato mettere il mondo in pausa e prendere un po’ di fiato, mentre le figure intorno a me si arrestano e provare a riordinare quel caos che invade la mia testa; ora, guardando dalla finestra, mi sembra di vivere quella sensazione.

Le strade deserte, il cielo pallido e le finestre serrate. Questa condizione mi obbliga, o meglio, mi permette di rimanere da sola con il mio corpo e con la mia mente. Prima d’ora era facile sfuggirmi e aggrapparmi agli altri, mascherando la mia personalità, celando le mie emozioni ed evitando un vero e proprio confronto con me stessa, ma adesso, non c’è alcuna persona a cui possa attaccarmi.

Mentre il mondo là fuori rallenta, io mi isolo nei miei pensieri. Non lo avevo mai fatto prima. Sono riuscita ad aprire una porta rimasta chiusa da tempo; ho sempre desiderato un momento in cui poter scappare dalla mia ombra per ritrovare me stessa, ma non ho mai avuto il coraggio di farlo per paura di quello che avrei trovato oltre quella porta.

Questo periodo di isolamento sta diventando per me un percorso di riflessione profonda. Ogni giorno imparo a conoscermi e a sviluppare le mie potenzialità e man mano che il tempo passa, sono più consapevole di ciò che sono, di ciò che voglio e di ciò che mi rende felice.

Ho fatto pace con me stessa e ho accolto quella ragazza che viveva sepolta sotto gli strati della corazza che si era costruita e ora, quando guardo quel tanto temuto specchio in camera mia, vedo una nuova Ludovica che protende la mano verso il riflesso come per toccare il passato che le è appartenuto ma che non la definisce più.

La parte più difficile ma formativa di questo percorso è stata sicuramente riprendere le immagini del passato e riflettere sugli errori causati dall’insicurezza. In particolare mi sono imbattuta in una poesia poco conosciuta dal titolo “voce del vero correre” di Gio Evan; l’ho trascritta su un foglio e l’ho appesa su una cartina in bianco e nero, sulla quale ho attaccato anche vecchie cartoline, biglietti aereo e foto che rappresentano i momenti più belli della mia vita. Questa poesia in particolare dice:

“…vivitela di corsa sta vita

hai solo da guadagnarci

…chi vive immobile non ti conoscerà…

…brucia veloce brucia giovane

dai tutto e subito…

…tu pensa a correre forte

che tanto visti di sfuggita

siamo tutti più belli.”

Ludovica

Penso di aver trovato l’antidoto a questo male: l’esercizio fisico. Da un mese circa mi alleno ogni giorno facendo un giorno di pausa ogni due settimane; il tutto ovviamente accompagnato da una dieta equilibrata poiché, senza di essa, non si arriverebbe ad alcun risultato. Ho invitato mia mamma a rimettersi in forma e sembrerebbe funzionare malgrado non abbia ancora capito che l’allenamento serve a lei e non alla mia soddisfazione. “Io mi alleno ma tu dopo passi l’aspirapolvere al piano di sopra”. Oramai dopo un mese appena, il sistema a casa mia è caratterizzato da ricatti continui. Qui si tratta di Guerra Fredda poiché entrambi non arriviamo mai a scontri diretti. Le parole sono oramai più efficaci di cinquanta megatoni di bomba nucleare. I periodi di pace sono cortissimi. Ci alterniamo i ruoli. Ogni tanto faccio la parte di Gavrilo Princip e lei di Francesco Ferdinando e viceversa. Dopodichè scoppia il conflitto che spesso si conclude con un armistizio il mercoledì o la domenica, momento in cui mia madre, la sera, fa la pizza.

Non possiedo agenti della CIA ma sospetto che ci siano calmanti nell’impasto. Diciamo che mamma ultimamente è più imprevedibile del KGB; mercoledì, per esempio, dopo un mese ho rivisto la luce. Lei non voleva neanche che venissi a trovare la nonna e gli zii fino a quando non ha cambiato idea di punto in bianco. La scena è da immaginare come “il mito della caverna” di Platone nel momento in cui i prigionieri vedono per la prima volta la luce della verità.

Nicolò

Ho capito quanto sia essenziale la libertà: essere liberi di fare ciò che si vuole, nei limiti imposti dalla legge, è fondamentale per la nostra essenza di vita; durante questo isolamento non abbiamo giustamente la libertà di uscire, cosa che prima era del tutto normale, ma non me ne rendevo conto. In un certo senso posso dire che il Covid-19 mi ha cambiato; quello che stiamo vivendo è un periodo che sarà ricordato e studiato nella storia, che io racconterò ai miei figli e nipoti, se mai li dovessi avere.

Riccardo

Sono sempre stata affascinata dalla solitudine, l’ho sempre vista come un faro in mezzo al mare in tempesta; il posto in cui rifugiarsi dopo una lunga giornata.                                                                                                                                Prima che questo virus iniziasse a impadronirsi delle nostre giornate, prima che iniziasse a dettare legge, prima che iniziasse a togliere la vita a persone innocenti, prima che provocasse tutto questo dolore, io amavo la solitudine; ora non lo so più… Prima amavo starmene da sola, perché era l’unico modo per stare bene in un certo senso, senza nessun tipo di pensiero, solo con me stessa e mi piaceva un sacco.  Ora, quella ‘condizione’ non mi appartiene più, almeno non penso… Da quando siamo stati tutti obbligati a stare chiusi in casa a causa della pandemia ho subito pensato che sarebbe stato, in un certo senso, bello passare del tempo con me stessa ma non è stato così perché i miei pensieri sono diventati più grandi di me e la cosa mi fa paura.                                                                                                                                  Non amo più pensare, perché farlo significa interrogare le cose al di là del loro significato abituale, rendere il pensiero più pesante di quello che è in realtà.                          

Molti sono ‘rinchiusi’ con i propri genitori perché non possono lavorare ma per me non è così; passo molto tempo sola perché i miei lavorano sempre e questo mi preoccupa perché vedo la paura soprattutto negli occhi della mia mamma quando va a lavorare e quando torna a casa.                                                                                                          Mia mamma lavora in farmacia e si ritrova di fronte una realtà che nessuno si aspetterebbe; io la vedo e noto come il suo viso è cambiato, come quella mascherina le cambia il volto, ma soprattutto guardo i suoi occhi, che non sono più gli stessi. Immersa in questa solitudine in cui mi trovo ho capito quanto forte sia mia mamma, che ha deciso di non salutarci più con il suo solito abbraccio, che non vuole che ci avviciniamo lei, che ha preso il posto più lontano a tavola, per proteggerci da un mostro invisibile.          

Veronica

La preclusione da molti luoghi di vita abituali e il divieto di frequentare le persone con le quali si condividevano quei luoghi ha portato a pensare che molte emozioni e altrettanti sentimenti non fossero che destinati a interrompersi, causando un lockdown interiore parallelo a quello nazionale. Questo legittimo timore ha amplificato una costante perennemente presente nella vita di ogni uomo: la paura della solitudine, considerata portatrice di tristezza, depressione, noia. Del resto, l’uomo è per definizione un animale sociale in quanto tende ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società!, si potrebbe dire citando Aristotele, ma personalmente credo che quest’idea moderna di collettività abbia preso una deriva estremista arrivando a farci considerare la solitudine  come la causa maggiore di ogni malessere psicologico.

Ho sempre considerato, invece, lo stare da solo come un’occasione per poter scoprire se stessi, per poter riflettere su quello che si è, riuscendo ad intraprendere un processo introspettivo con l’obiettivo di acquisire una propria consapevolezza. Plasmare la propria persona secondo il mondo esterno è sinonimo di debolezza e di insicurezza, ed è la vera causa, a parere mio, di una conseguente sofferenza interiore.

Questa drammatica pandemia, che ha colpito i cittadini di tutto il mondo, è stata ed è tuttora un’ulteriore conferma della mia tesi: in queste settimane in cui non abbiamo condiviso la nostra vita con nessuno, ad eccezione dei nostri familiari oppure tramite via telematica, abbiamo scoperto che trascorrere il proprio tempo con se stessi, anche semplicemente immersi tra i propri pensieri, rappresenta un’incredibile risorsa. Abbiamo capito che si può ridere, divertirsi, soffrire, amare senza l’ausilio di altre persone. Ed è importante che questa nuova consapevolezza ci rimanga anche quando questa terribile parentesi si concluderà e ritorneremo alla nostra vita abituale: ognuno di noi dovrà essere considerato come un singolo appartenente a una collettività e non più come  un ingranaggio costituente di essa.

Gabriele

In questi tanti giorni chiusa in casa mi sono resa conto del tempo di cui realmente disponiamo nelle nostre giornate: mi sembra, per la prima volta nella mia vita, di poter vivere 24 ore. Poter svolgere, sebbene in modo diverso e con tutte le difficoltà che la situazione inevitabilmente comporta, lezioni di scuola e allenamenti da casa, mi ha fatto riflettere sulla quantità di ore che necessariamente passiamo durante l’arco della giornata in macchina, in motorino o su mezzi pubblici per spostarci e raggiungere i nostri vari “appuntamenti” o cambiare casa da mamma a papà ai nonni. Un po’ come fossimo pacchi e postini allo stesso tempo.

Chiara

Giacomo Leopardi, poeta impegnatosi tutta la vita nella riflessione sulla condizione umana, affermava: “la solitudine è come una lente d’ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo”. Sembra dunque essere anche lui un sostenitore della distinzione tra le diverse solitudini; infatti, chi sta da solo per scelta personale, e dunque vive una solitudine con cui sta bene, sta benissimo, ma chi si vede costretto a vivere un isolamento forzato e dunque sta male, ritrovandosi nell’altro genere di solitudine, alla fine dei conti, sta malissimo.

La situazione che l’Italia, dopo la Cina e prima di altre nazioni, si è trovata a dover affrontare, ha costretto sessanta milioni di persone a una segregazione senza dubbio complicata da accettare, e, ancor più, da rispettare. Tali difficoltà sono derivate dall’imposizione delle misure che conosciamo: chi, sul divano di casa, la sera del 9 marzo, ha ascoltato il discorso del presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte ha appreso di essere impotente, privato della possibilità di uscire anche solo per mangiare un gelato e obbligato, seppur per il proprio bene, a una quarantena che non è stata una scelta, ed ha finito per mettere in crisi, proprio per questo, persone che, di fronte alla solitudine che inevitabilmente si è fatta strada nelle loro vite, sono state colte di sorpresa e si sono scoperte fragili e impaurite. Si tratta di persone non biasimabili, di cui è necessario comprendere quella che, questa volta, è definibile in inglese come “loneliness”, perché non ricercata, non voluta e che, per questo, come sosteneva Leopardi, ha fatto sì che chi si trovava solo, e stava male, ha finito per stare malissimo.

Chiara

In queste settimane le giornate non sono mai state così monotone, sembra di essere in un loop che si ripete, tanto non avendo un giardino: la mattina video-lezioni al PC e un po’ di svago durante le pause; dopo pranzo solitamente gioco ai videogiochi, poi faccio i compiti, sento parenti o amici e prima di cena un’oretta di allenamento.  Le uniche possibilità che ho per poter uscire sono quando c’è da buttare il vetro o l’immondizia…. Fortunatamente oggi abbiamo a disposizione le tecnologie che ci permettono di tenerci in contatto anche a distanza tramite chiamate o videochiamate anche di gruppo e mi immagino quanto noioso sarebbe stato se ci fossimo trovati in questa situazione dieci anni fa o addirittura quando i telefoni fissi erano un lusso per pochi: probabilmente sarebbe stata una situazione ancora più difficile.

Federico

…continuo a pensare che fino a qui è stato facile e che la parte difficile arriverà tra poco, appena potremo vederci ma non abbracciarci, uscire insieme ma a distanza. Trovo fondamentale la presenza della scuola in questo periodo, perché ci unisce, ci aiuta a stare vicini, è anche un passatempo che però ci ricorda quanto siano fondamentali lo studio e la cultura, per noi e per gli altri, soprattutto adesso.

Questa quarantena è il periodo degli amici, della voglia di sentirsi e delle promesse, quelle di vedersi più spesso, di uscire per un aperitivo, di fare la vacanza insieme, di non lasciarsi mai… Chissà se tutto questo sarà servito a qualcosa, chissà se ne usciremo migliori oppure se la distanza tra le persone non farà altro che aumentare, chissà se riusciremo a capire vedendo i delfini nei nostri porti, mamma anatra e i suoi anatroccoli per la strada, un cerbiatto in giardino, quanto sono importanti la natura, gli animali e più in generale il mondo che ci circonda, chissà. Perché in fondo forse noi uomini ce lo “meritiamo”. Non sono fatalista e non credo in chissà quali punizioni divine come nel Medioevo, ma mia mamma, nell’ultimo periodo prima della quarantena quando la discussione principale era l’ambiente e i danni che l’uomo stesso le stava infliggendo diceva sempre: “Il mondo è fatto così, lo dice la storia, vive degli alti e bassi e troverà da solo il modo di riprendersi anche ‘sta volta”. E forse ci è riuscito.

Nicole

In questo periodo in cui assordato da notizie più o meno tragiche, un mio pensiero fisso, non una paura, ma qualcosa che mi infastidisce è questo: dovrei fare qualcosa. È un pensiero che il più delle volte riuscivo a soddisfare. In questa situazione, invece, in cui sono rinchiuso in casa, costretto a essere esclusivamente spettatore, mi fa percepire un senso di impotenza, che fa più male di quanto non si possa credere.

Però, persiste la mia visione ottimista del mondo in cui vivo. Voglio dire, il nostro pianeta, dopo averci chiesto di cambiare con le ‘buone maniere’, vedendo che non lo si ascoltava abbastanza, ha iniziato a ‘urlarci’, con maniere, chiunque lo può confermare, meno cortesi. Allora forse è giunto il momento della svolta, più per obbligo che per volontà, ma ciò che importa è che il cambiamento inizi.

Forse è giunto il momento della svolta anche per il nostro Bel Paese, forse ci sforzeremo di più nel sostegno alla nostra patria, forse avremo capito, alla fine dell’emergenza, che l’Italia non è solo qualche palazzo a Roma ‘farcito’ di dipendenti che si arricchiscono sulle nostre spalle, non è solo un inno e non è solo una bandiera. L’Italia è ognuno di noi. Se l’Italia ‘sta male’, stiamo male noi. Spero che tutti gli italiani lo capiscano, che capiscano che per aiutare il nostro Stato dobbiamo aiutarci a vicenda. Paradossale ma vero, possiamo essere patriottici quanto i nostri antenati che l’Italia l’hanno liberata dalla guerra e dall’oppressione. Loro con la carabina in mano e senza il pane in tavola, noi seduti sul divano.

Nicolò

Non so se ritenermi fortunata o meno, ma io questa quarantena non la passo in solitudine: sono in casa tutto il giorno con i miei genitori e i miei fratelli. Ci sono volte in cui ringrazio di averli, ma altre in cui mi fanno perdere la pazienza, e tutto quello che vorrei è starmene un po’ da sola. Prima della quarantena, ero solita fare una passeggiata almeno una volta alla settimana, o andare nel mio posto tranquillo, ma adesso non si può uscire, e quindi mi tocca stare a casa. L’unico momento che ho per me, solo ed esclusivamente per me, è quando finisco di pranzare. Allora sì che mi ritengo fortunata: ho un bel giardino dove posso rilassarmi sull’amaca e stare da sola, senza il rumore del traffico, senza il vociare delle persone per strada, con il sole del primo pomeriggio che mi scalda e il venticello primaverile che mi sfiora: insomma, un luogo paradisiaco. Peccato che questo momento non duri a lungo. Ho pensato che questo virus, questo COVID-19, è un po’ come quell’imperatore: si è cinto la corona da solo e attraverso milioni di contagiati e migliaia di morti si è fatto strada  e a differenza di quel sovrano non ha conquistato solo l’Europa, ma tutto il mondo.

Ilaria

Quando questa situazione è cominciata, non avrei mai potuto immaginare che avremmo vissuto un periodo quale quello che poi si è rivelato. Tutta la nostra vita  è cambiata:  le mattine a scuola, i lunghi pomeriggi passati a suonare con la band, le serate del weekend con gli amici,  le tante ore  passate a fare sport (mi sono perso anche mezza stagione di sci!). Tutto questo, al momento, non c’è più,  ma  io sto cercando di vivere il lockdown al meglio. Ho deciso anche  di non arrabbiarmi per quanto non ho potuto fare: il viaggio per l’Erasmus Plus, la gita scolastica con i compagni, le lezioni di scuola guida…

Mi sono ritrovato con tanto tempo per leggere, per studiare, per pensare, per guardare le mie serie tv, per giocare con la Play.Sembra infantile ma anche questo fa parte del mio mondo. Il mio equilibrio l’ho trovato in queste cose semplici. So che questa è una fase transitoria, so che passerà. Credo che sapersi adattare sia la chiave di lettura di tutta questa situazione.

La “modalità”  in cui sto affrontando tutto questo è quindi quella dell’ottimismo. Mi sforzo di pensare che tutto si risolverà a breve e che davvero andrà tutto bene.

Leonardo

La solitudine di questo periodo può essere anche positiva, infatti la quarantena può stimolarci a porci domande che magari non ci eravamo mai fatti prima, a stenderci su un prato, o anche solo  su un letto e riflettere: una cosa che a noi giovani e non solo, appariva senza senso, praticamente inutile. Ma se ci si ferma un secondo a pensare, si comprende che sin dai tempi antichi tutti i più grandi scrittori e artisti sono sempre andati alla ricerca di un luogo ideale, un locus amoenus, dove poter essere soli con se stessi. Quindi essere soli può portare a forme straordinarie di libertà, come afferma Fabrizio de André, o a un’isola benedetta come canta mentre Battiato. Forse in fin dei conti non è così male…

Elisa

Sinceramente non sono mai stata quel tipo di persona che sente il bisogno di uscire in continuazione, ma è anche vero che si capisce il valore di ciò che si ha solo quando lo si perde. Nonostante ciò, non mi sono mai lamentata, neanche quando hanno rimandato più volte il termine di questo isolamento forzato, perché ho sempre pensato, e continuo a farlo, che stiamo tutti cercando di fare del nostro meglio per aiutare il nostro paese: se per sostenere la nostra nazione basta restare a casa, lo faccio più che volentieri.

Alessia

Nell’anno del compimento dei miei diciotto anni mi sarei aspettata di tutto tranne che dover essere costretta a rimanere chiusa in casa per tutto questo periodo tempo. Le giornate sono una uguale all’altra e simili, penso, a quelle di tutti gli altri ragazzi della mia età che stanno vivendo questa situazione.

Le ore non passano mai e a fine giornata mi ritrovo con la sensazione di non aver fatto nulla perché tra un pisolino e una serie tv è già finita la giornata: ormai dopo più di quaranta giorni in casa la pigrizia sta provando a prendere il sopravvento sulla mia vita. Con tutto questo tempo a mia disposizione ho iniziato a rimanere sempre più con me stessa e con i miei pensieri, quasi mi ero dimenticata cosa volesse dire stare da soli con mille idee che passano per la testa a causa delle diecimila cose da fare durante le giornate di vita “normale”.

Forse è un po’ assurdo da dire in un periodo di grande emergenza come questo che stiamo vivendo, ma se non fosse per la crisi che stiamo affrontando non vorrei quasi tornare alla normalità. Mi manca la mia libertà, il poter circolare in tranquillità e abbracciare i miei cari, ma in            fondo mi sento molto meno  sola adesso che         prima.
Sofia

Più che le persone, questo virus, sta uccidendo tutti i rapporti sociali e ci rende soli in questa terra di terrore fatta dai giornali. Ma come combattere la solitudine? Non si può…possiamo chiamarci al telefono, possiamo partecipare alle videolezioni, ma  stiamo cominciando a dimenticare che cos’è un abbraccio da un amico, oppure gli scappellotti tirati dalla prof se ci distraiamo per qualche minuto. Ci dimenticheremo delle feste, delle discoteche… la nostra vita cambierà in un modo che forse non riusciamo neanche a immaginare.

Credo che quello che bisognerà fare nei prossimi anni sarà stare uniti ma a distanza. E’ necessario che tutti facciano il loro dovere e che tutti rispettino le regole. Nessuno deve neanche pensare “ma se io mi voglio ammalare, saranno cavoli miei?”. Nessuno deve protestare in massa, nessuno deve fare il fenomeno e sfidare il virus.

Il coronavirus ha portato tante cose: la paura, la follia, ha portato via il lavoro, ha portato via tanti negozi, però per fortuna ha portato anche una cosa positiva. Il virus ha riunito molte famiglie, credo che nessuno di noi abbia mai trascorso 1200 ore di fila con la propria famiglia, io personalmente non lo avevo mai fatto… e stavo bene così =)

Umberto

Ora possiamo fare un pranzo decente con tutta la famiglia, proseguire con il lavoro, fare esercizio fisico e aggiungere anche un po’ di relax leggendo un libro o prendendo il sole. Wow, sembra quasi miracoloso perché abbiamo incastrato tutto in una sola giornata quello che non eravamo mai riusciti a fare…  Io posso anche ritenermi molto fortunata perché nella mia casa ci sono abbastanza stanze per ogni componente della famiglia, cosicché se non mi va di sentire la sorella che balla o la mamma che cucina ho una stanza tutta per me dove posso ritirarmi e stare un po’ tranquilla.  Ero abituata ad arrivare a casa da scuola e a stare da sola tutto il pomeriggio, mia sorella era quasi sempre dai nonni, i miei genitori tornavano a casa dal lavoro tardi e la cena era il momento di riunione della famiglia. In questi giorni di momenti di riunione ne abbiamo avuti anche troppi, forse…. Dalle otto del mattino alle dieci di sera sempre insieme per non parlare dei parenti che ci chiamano tutti i santissimi giorni come se, pur non potendo uscire, potesse succederci chissà cosa. Oramai non abbiamo più niente da raccontare, alla solita domanda: ”Come va? Cosa hai fatto?” cosa possiamo rispondere oltre a: “Tutto bene, oggi ho studiato, ho sistemato la camera e ho fatto un po’ di sport”. Sulla questione ho davvero poca fantasia e oramai non so più cosa inventarmi…

Arianna

Il Coronavirus ci ha costretti ad apportare numerosi stravolgimenti in ogni ambito delle nostre giornate; a partire dalla socialità privata fino ai rapporti lavorativi e scolastici, tutte le relazioni umane si sono inevitabilmente trasformate in relazioni a tre: io, tu e il virus. Per le scuole il virus è un PC, uno schermo, un balcone affacciato sulle camere di ogni studente e negli studi dei professori. È un virus che impedisce di sentire il brusio, proveniente dalla fila dei banchi dietro, che rende impossibile condividere un disegno buffo con il compagno durante le lezioni noiose, vedere l’insegnante che si muove avanti e indietro nella classe mentre spiega. Il virus bandisce le piccole emozioni di chi si scambia un bigliettino durante un compito, l’ansia del ritardo mattutino, il fastidio per le code ai bagni durante i brevi intervalli e, ultimo ma non meno importante, le lamentele dei bidelli. Oggi, invece, sentiamo nostalgia di tutto questo, ci sentiamo derubati di un pezzo del nostro universo che, seppur non sempre frequentassimo volentieri, ci apparteneva.

Gabriele

Come ho passato questi due mesi di quarantena? A dirla tutta non è che sia andata così male. Certo avrei preferito uscire per prendere un caffè o una birra, ma questo non vuol dire che, come hanno fatto molti dei miei coetanei, ne abbia fatto un dramma, manifestando sui social il mio stato d’animo o postando storie che ritraggono i miei amici con testi tipo  “Manchi” o ” Voglio rivederti al più presto”… (peraltro, nel mio caso, il più sentito sarebbe stato “Non vedo l’ora di ritornare a pesca”.) Ritengo, invece, di essere stato stranamente molto maturo, consapevole di quanto sia importante per tutti restare a casa, perché non solo proteggiamo noi stessi dal pericolo della pandemia, ma anche tutti quelli che ci stanno intorno e soprattutto per non vanificare tutti gli sforzi che hanno compiuto e che stanno ancora compiendo i medici e gli infermieri per noi, per l’Italia.

Federico

III Liceo

È proprio vero che l’uomo non è in grado di stare da solo, è un animale sociale direbbe Aristotele; un animale che non è più in pace con se stesso, mi viene da dire.

La solitudine tira fuori ciò che siamo e dà spazio alla nostra coscienza di dedicarsi alla più dolorosa delle sue mansioni: l’introspezione. La solitudine spazza via ogni superficialità e ci mette all’angolo. La solitudine ci mette a nudo e ci strappa ogni maschera.

È per questo che preferiamo sommergerci di distrazioni che ci tengono occupati, perché fatichiamo a confrontarci con il male che abbiamo dentro.

Le nostre paure, il nostro odio e i nostri rancori si celano nelle pieghe della nostra anima e aspettano solo di intravedere uno spiraglio di debolezza per uscire attraverso i nostri comportamenti e le nostre reazioni; la solitudine è uno degli strumenti che abbiamo per interrogarci e scavare dentro di noi per scovare questa parte del nostro animo, che Freud chiamerebbe l’Es, e accettarla come parte di noi, perché sviscerare e capire i propri difetti è la chiave per superarli.

È, per esempio, nella solitudine che ho capito che non devo costringermi a far finta di essere perfetto e che non devo cercare sempre di accontentare chiunque solo per cercare il consenso, e che invece dovrei volermi più bene perché solo se ci si ama si possono amare gli altri. Vedo quindi la solitudine come una situazione dolorosa per alcuni ma sempre più necessaria in questi tempi in cui siamo iperconnessi e rischiamo di non prestare più attenzione a noi stessi perché troppo distratti dal mondo frenetico in cui troviamo. 

Io, in prima persona, cerco di riflettere più del solito con l’aiuto di uno strumento che potrebbe sembrare antiquato ma che, invece, è molto più moderno di quanto si pensi: un piccolo taccuino che mi permette di mettere su carta tutti i difetti che mi accorgo di avere, tutti quei pregiudizi che vorrei strappare dalla mia mente ma che sono profondamente radicati in me, tutte quelle paure che spesso offuscano il mio giudizio o tutte le ferite che di solito ignoravo fingendo di essere abbastanza forte da sopportarle. Questa meticolosa analisi che l’isolamento mi spinge a fare sono sicuro che migliorerà i rapporti che ho con coloro che mi stanno vicino e mi permetterà di migliorare come persona.

In conclusione la solitudine di questi giorni credo di averla cercata e non di averla subita, in quanto secondo me non puoi sentirti veramente solo se riesci a stare bene con te stesso e se riesci ad ascoltarti in profondità. La solitudine di questi giorni mi ha fatto un po’ ritrovare me stesso costringendomi a prendermi una pausa, a guardare dall’esterno tutto ciò che sono e a pensare a come migliorarmi eliminando la pressione sociale dovuta all’inconscia paura del giudizio. 

Valerio

Ecco, la solitudine ha questo: tende ad annoiarsi un po’ troppo e a farci stare male.

Ora sto scrivendo questo tema sul terrazzo, aspettando che il sole tramonti, e ascolto la musica; questo è un esempio di solitudine felice per me.

Sono in pace con me stesso anche se sono solo fisicamente.

In questi momenti capisco che cosa è la libertà: io ora sono seduto e sto scrivendo, se volessi parlare da solo, potrei farlo, se volessi accompagnare la musica sbattendo i piedi per terra, potrei farlo, se volessi ballare potrei fare anche questo, senza timore di essere criticato.

Ecco perché per me la “solitudine” è un’amica, un’amica molto speciale, che spesso mi ha fatto riflettere su tanti aspetti della mia breve vita.

Solo un consiglio, attenti a non farla annoiare troppo…!

Francesco

Siamo obbligati a stare a casa. Molti di noi sono da soli, altri convivono con il ragazzo e altri con la famiglia. Passiamo le giornate attaccati a telefoni, computer e tablet.

Non sarebbe meglio staccare un po’ la spina? Chi ha la possibilità si metta in giardino a prendere il sole o a giocare a carte con la famiglia. Ci lamentiamo di non poter incontrare le persone a cui vogliamo bene e nel farlo bruciamo giornate a girarci i pollici.

Non siamo soli: quanti di voi hanno un vicino di casa di cui non conoscono neanche il nome? Va bene sì, ci sono i soliti 2 metri di distanza, ma approfittatene, fate nuove amicizie, imparate a conoscere la gente che vi circonda senza crogiolarvi nella  distanza che vi separa da quella che già conoscete.

Zoe

Noi giovani siamo la categoria di persone che più risente di questa situazione: noi, infatti, impariamo a conoscere e ad approcciarci con il mondo sperimentando sulla nostra pelle varie esperienze che non possiamo vivere stando chiusi in casa; in più siamo coloro che più di tutti vivono proiettati verso il  futuro, un futuro che è incerto e da cui non sappiamo cosa aspettarci. Il futuro, oggi, è stato velato da una nebbia, che stiamo attraversando ma che ci impedisce di vedere cosa ci attende oltre e in cui si rischia di ferirsi avanzando alla cieca. E nulla ci garantisce che una volta superata ci sia un limpido sole di cui gioire.

Cristian

Durante la quarantena ho avuto modo di pensare molto a quanto fossi fortunata prima, di pensare a quanto le cose che mi sembravano banali e semplici invece non lo sono per niente; ho capito quanto fosse bello andare a scuola, vedere e abbracciare i miei amici e compagni, poter “toccare” veramente le persone, stringergli la mano, dargli un bacio… Il mio pensiero più felice di questa quarantena è “chissà quanto il nostro pianeta ci sta ringraziando in questo momento”: la riduzione dell’inquinamento è notevole e  lui che ci ha ospitato durante tutti questi anni ne è riconoscente! Questo mi fa pensare che niente è per caso…

Ciascuno di noi dovrebbe vivere questo momento POSITIVAMENTE e non pensare che non esista una soluzione, chiudersi in se stesso e stare SOLO o pensare che non ne usciremo vivi, perché coloro che hanno vissuto prima di noi, i nostri nonni e bisnonni hanno combattuto una vera e propria guerra, hanno sofferto la fame, hanno visto la vita scappare via… a noi invece viene semplicemente chiesto di stare in casa tranquilli ad occuparci di noi stessi e di coloro che vivono con noi: quindi prendiamo questo momento come una pausa di meditazione e riflettiamo su ciò che ci sarà dopo, su quante cose belle potremo fare, a partire dal correre all’aria aperta, fare una passeggiata in compagnia, a quanti bei viaggi torneremo a vivere…

Io mediterò e mi impegnerò ad aiutare in primis la mia mamma che è tanto sofferente e stufa, ad approfondire lo studio com’è giusto che sia e approfitterò di questo tempo per dedicarmi anche un po’ a me stessa (una maschere per il viso, un bel bagno,  un po’ di allenamento…). Non vedo l’ora di rivedere la mia mamma felice, di riabbracciare la mia nonnina e di farmi delle belle risate con lei (sono la mia cosa preferita) e infine non vedo l’ora di rivedere i miei amici e abbracciarli di nuovo come una volta, ma con un po’ più di amore e forza!

Ricordiamoci che noi, che abbiamo una casa e una famiglia con cui stare, non siamo soli, ma soli sono quei poveretti per strada, i senzatetto… tutti gli altri sono fortunati e viziati perché nessuno di noi dovrebbe lamentarsi, ma collaborare e non aggravare la situazione, stando semplicemente in casa.

Rita

Negli ultimi giorni ho sentito parecchie persone definire questo periodo di isolamento come un momento di solitudine. Io, mi permetto di contraddire queste persone: vorrei dire loro  nel modo più gentile del mondo, che questa deve essere vista come un’opportunità, non come un lungo momento di solitudine….

Questo è un periodo di transizione, abbiamo la possibilità di cambiare e non lo sfruttiamo. Potrebbe essere un periodo ricco di innovazioni, di soluzioni alle problematiche mondiali, un periodo di creatività.

Tuttavia, preferiamo continuare a puntare il dito. Ci fossilizziamo sulla discriminazione di certe persone, abbiamo questo incessante bisogno di dare la colpa a qualcuno altrimenti in qualche modo non ci si sentiamo al sicuro. Eppure, la spiegazione è palese: lo facciamo perché così abbiamo la garanzia che non siamo noi i colpevoli ma qualcun altro. Diciamocelo, tutte queste non sono novità, però la conseguenza è che non si cambia mai. Citando Anatole France “Se non cambiamo, non cresciamo. Se non cresciamo, non stiamo davvero vivendo”. 

Gaia

Ho letto che la solitudine è la condizione di chi vive da solo, dal punto di vista materiale, ma anche affettivo. Personalmente trovo molto rilassante svegliarsi senza mamma che passa l’aspirapolvere o papà che urla. Anche se dopo le video lezioni devo passare io l’aspirapolvere e devo urlare contro mia sorella che è paragonabile a un bradipo. 

La casa è silente, sento gli uccellini cinguettare, il gatto del vicino miagolare, per la fame penso, non me ne intendo di gatti. Mi preparo una bella tazza di latte rigorosamente di soia e sono pronta ad affrontare un’altra giornata splendida e amara.

Irina

In questo periodo di quarantena durante il quale si è obbligati a rimanere a casa a causa del Covid-19 ci si potrebbe sentire soli a causa della mancanza di famigliari e amici.

Ma io questo arco di tempo in cui dobbiamo rimanere a casa non riesco a definirlo come un periodo di solitudine, perché riesco a stare bene con me stesso anche da solo; sono molto più tranquillo e riposato. Lo definirei principalmente come un lungo periodo di riflessione.

Marco

Oggi abbiamo la possibilità di comprendere l’importanza del contatto umano, dei rapporti sociali: l’essere umano è nato, si è evoluto per essere una creatura “social”. Ossimoricamente  i famigerati social che ci dividevano ed erano altrettanto criticati per questa caratteristica, oggi sono il mezzo di comunicazione più efficace e che permette di salvare almeno l’ apparenza della nostra normalità. 

Alessandra

Per me la vita “normale” può essere paragonata a un film, in cu ile scene sono veloci, non si ha tempo di vivere pienamente qualcosa che subito dopo accade qualcos’altro, ed è pieno di colori, come la mia vita. La quarantena invece è più come un libro, un libro che non mi piace e sono obbligata a leggere, che mi sembra eterno. Per leggere un libro, effettivamente nella maggior parte dei casi si impiega molto più tempo che per guardare un film. Le pagine del libro sono tutte simili, bianche con le scritte nere, come le giornate che sto e stiamo vivendo, monotone e meno a colori di prima. 

E’ nostro compito colorarlo questo libro, alternando momenti di riflessione ad altri di svago con la nostra famiglia.

Linda

Molti autori hanno utilizzato la peste come protagonista dei loro romanzi: Boccaccio, Manzoni, Camus e molti altri. Queste epidemie hanno tutte in comune una singola cosa: non si sa mai quando arrivano: un giorno ti svegli e ti ritrovi nel bel mezzo di una situazione terrificante.. Questo è successo proprio in questi ultimi mesi con l’arrivo di un nuovo virus, chiamato Coronavirus. All’inizio sembrava fosse un’influenza un po’ più forte, poi si credeva che colpisse solo le persone più anziane e infine se è capito che avrebbe potuto colpire tutti. 

Sara

Sto apprezzando molto questa quarantena, questo stile di vita più tranquillo lo apprezzo di più rispetto alla vita precedente quando ero sempre fuori di casa in giro oppure a scuola. Lo prendo anche come tempo per pensare a me stesso, riflettere e ricominciare con la passione dei videogiochi che ho sempre lasciato in secondo piano. Se voglio uscire? Sicuramente un po’di aria fresca mi piacerebbe riassaporarla, ma per adesso voglio cavalcare questa opportunità di riprendermi dallo stress della vita normale.

Sami

E’ veramente così’ insopportabile questa quarantena? Continuo a pensare di no. Credo che questa reclusione stia portando me, come altre persone, a spendere del tempo a riflettere su noi stessi come mai abbiamo fatto, senza essere influenzati da fonti esterne. Credo, o almeno così è stato per me. Credo di uscire dalla quarantena più consapevole di cosa voglio fare e di cosa voglio essere, a cosa tengo e di cosa posso fare a meno. E qui smetto di credere e inizio a sperare, inizio a sperare di superare quel grandissimo muro che è l’accidia, provata da molti, raccontata da pochi e capita solo da alcuni, per raggiungere cosa voglio, chi e cosa mi sta a cuore. Spero di uscire come una persona migliore, meno ansiosa e più sicura di sé in un mondo rinato, insomma in una versione migliore di se stesso.

Carlo

Il tempo sembra quasi essersi fermato e questo periodo ci lascia molto spazio per noi stessi e per riflettere; certamente non è stato il modo migliore per trovare del tempo libero, ma se sfruttata positivamente, questa situazione, sotto un certo profilo e guardandola con un’ottica ottimistica, può essere vissuta con più tranquillità e meno ansia.

E parlando nel mio caso esclusivamente di “solitude”, posso affermare che questa mi ha portato dei giovamenti: infatti, per il mio carattere da lupo solitario, molto spesso mi ritrovo a voler stare per conto mio, anche perché molte attività che svolgo richiedono calma silenzio e spazio, che generalmente non ho: per esempio  la pittura con gli acquarelli, oltre ad essere estremamente rilassante a mio giudizio, è un’attività che richiede concentrazione che generalmente non è semplicissimo ottenere; inoltre, mi sto dedicando alla lettura  di alcuni libri a cui ero interessata da molto tempo, ma che per via della  routine quotidiana prima del Covid-19, non avevo il tempo di leggere.

Marta

Non vedo l’ora di poter di nuovo uscire, cosa che spero avvenga il prima possibile, di rivedere tutti gli amici e di abbracciarli. Non vedo l’ora di sentirmi di nuovo libera e non un animale in gabbia. Non vedo l’ora di poter dire <<vado a fare un passeggiata>> senza dover nascondermi in mezzo al bosco perché se no mi fanno la multa. Non vedo l’ora di truccarmi, vestirmi bene e piastrarmi i capelli perché devo uscire.

Concludo, quindi,  con un messaggio di speranza rivolto a tutti: nonostante ci sentiamo soli, abbandonati e rinchiusi dobbiamo solo resistere un altro po’, non dobbiamo deprimerci o impazzire perché da questo caos usciremo apprezzando di più le piccole cose, i piccoli gesti e le persone e, ne sono sicura, usciremo migliori di prima.

Alessandra

Chi avrebbe mai pensato all’inizio dell’anno che saremmo passati da una vita normale, – uscendo con gli amici, praticando attività sportiva, andando a passeggiare tranquillamente e a prendere un caffe al bar senza mai pensare a un pericolo- a una situazione simile a un’apocalisse zombie, stile “The Walking Dead”, a causa della quale uscire di casa sembra la cosa più pericolosa del mondo; non ci saranno zombie che vogliono divorare il nostro cervello, ma c’è un virus così facile da contrarre e trasmettere, che forse è  anche peggio!

La mancanza degli amici, la mancanza del divertimento, la mancanza degli abbracci , delle feste e delle risate senza un motivo, la mancanza di fare cose di cui ci saremmo pentiti  sta causando malinconia, tristezza, depressione, e tutto è generato dalla solitudine.

Appena torneremo alla normalità non avrò più il dubbio su cosa scegliere quando mi chiederanno di uscire.  Voglio passare il minore tempo possibile da solo, attaccato al cellulare a guardare serie TV, il mio tempo  lo voglio trascorrere con gli amici ad abbracciarli come se non li vedessi da un anno, come  canta Charlie Puth See You Again: “It’s been a long day without you, my friend, And I’ll tell you all about it when I see you again”.

Alessandro

Nelle notti passate a pensare a cosa avrei potuto fare, senza il lockdown, in compagnia dei miei amici durante la giornata appena trascorsa, ho capito che a volte le amicizie riescono tutt’al più a distrarre dai pensieri negativi a cui, invece,  non si riesce a fare a meno di  prestare attenzione quando non si ha la compagnia di qualcuno.

Da un mese e mezzo, non faccio altro che pensare, da solo, a come migliorare la mia persona, che ho sempre trovato inadeguata fin da quando ho iniziato a relazionarmi con i miei coetanei. Quello che vorrei mostrare agli altri è un Mattia che riesce a superare i momenti di difficoltà, con le sue sole forze, senza dover ricorrere all’aiuto di qualcun altro. Mi ritrovo spesso a pensare ai miei problemi e a come risolverli, senza ricorrere a un aiuto esterno, proveniente da qualche mio amico.

Le righe che sto scrivendo mi stanno aiutando molto a ragionare e a capire. Mi sento più a mio agio adesso che ho messo su un foglio i miei pensieri. E non sono solo cose negative quelle che penso. Ho capito che ci sono tante persone che mi vogliono bene e a cui oggi sicuramente mancano la mia ironia, la mia generosità e la mia voglia di aiutare gli altri e che ne sto conoscendo di nuove che sicuramente mi potranno dare tanto, finito tutto ciò. A me, del resto, mancano tutti i miei amici, dal primo all’ultimo.

Mattia

Questa situazione ha aggiunto un punto fermo alla mia vita, mi ha costretto a fermarmi e ad apprezzare quello che ho intorno. Prima di questa quarantena, non avevo mai stabilito un vero legame con i professori per esempio, costretta a vederli poche ore alla settimana in un contesto a me angusto, ora ho iniziato a vedere queste figure “accademiche” con una diversa accezione; ho scoperto che ognuno di loro ha una vita esattamente come la mia, una famiglia,  dei problemi, e dei pensieri. 

Grazie a ciò ho iniziato a vedere la situazione scolastica più come un’opportunità che come un dovere, e mi sono sentita libera di esprimere i miei pensieri e di studiare per garantirmi un futuro in questa società. Allo stesso modo ho avuto anche la possibilità di abbandonare il sentimento di angoscia che le mura scolastiche prima mi facevano provare e ho rimpiazzato quella sensazione  astiosa con un senso di mancanza e gratitudine. Ho  anche imparato il valore del tempo passato con la mia famiglia, a parlare, a giocare a vecchi giochi d’infanzia e fare tutte quelle cose che prima non avevamo il tempo di fare. 

La solitudine quindi è solo una condizione mentale che ognuno di noi si impone, per poter scappare dalle …bellezze della vita. Si sceglie di essere soli, si sceglie di non apprezzare quello che si ha intorno, per preferire un percorso solitario e meditativo.

Gaia