Piero Crida, artista biellese. La nostra intervista

“Se c’è una cosa che ti attrae e ti cattura, falla. Perché sono le cose che scelgono te, noi non scegliamo mai nulla.”

Poco tempo fa abbiamo avuto l’onore di intervistare Piero Crida, un fantastico artista biellese principalmente conosciuto per alcune delle sue opere, tra cui l’indimenticabile copertina del “Signore degli Anelli”.

Ancora prima di entrare nell’abitazione, già la si riconosce come “casa di un creatore d’arte”: la creatività è talmente tanta che non è contenibile tra le mura; l’esterno è colmo di particolari oggetti, ognuno con una storia da raccontare.

L’interno della casa è lo specchio di chi ci abita; infatti, l’accoglienza è stata data da molti libri, una miriade di cd, oggetti che trasmettono diverse culture e due splendidi gatti accucciati ai piedi del camino.

Il pomeriggio di pioggia è trascorso ascoltando solo una parte della vita di Crida e dell’arte che ha donato al mondo; ma, alla fine della chiacchierata nella sua affascinante casa, abbiamo compreso che la vera opera d’arte è la sua persona.

Chi è Lei come artista? Come si definisce?

“Io sono uno strumento, obbedisco a un’idea e le mie mani la mettono in pratica. Non sono un creatore, metto semplicemente i progetti sulla carta; da qui, si aprono due possibili strade: o l’idea è buona e può essere portata avanti o viene accolta dalle braci del caminetto.
La mia Musa, infatti, è inaffidabile; non la posso controllare, va e viene a suo piacimento.
Posso paragonare l’essere un artista all’azione di respirare: involontaria, ma indispensabile. Se non eseguo i miei lavori, è come se smettessi di respirare e, quindi, muoio.
Mi piace pensare di essere più un artista nella vita; la vera opera d’arte sono io, come mi sono dipinto e come mi sono restaurato negli anni.
Penso, infatti, che non sia importante l’impronta che viene lasciata su una strada, quanto lo sia la persona che percorre quella strada; non dobbiamo fare l’errore di trascurare la creatura umana in favore solo del ruolo che ha, perché l’identità di una persona non ha nulla a che fare con la sua etichetta.”

Lei è famoso per aver realizzato la copertina del libro di Tolkien “Il Signore degli Anelli”; ce ne può parlare?

“Io ho creato 12 copertine per Tolkien, anche se, in realtà, sarebbero più di 300 in totale.
Non mi piace essere ricordato solo attraverso i libri di uno scrittore famoso, anziché per il mio lavoro; inoltre, ritengo Tolkien un accademico universitario e, per questo, non lo apprezzo particolarmente.
Quando devo illustrare un libro, prima esigo di leggerlo tutto. Per tale ragione, ho letto anche i suoi romanzi.

Oltre ai primi bozzetti della copertina, ho realizzato anche le illustrazioni di qualche personaggio: Gandalf, un elfo e altre creature fantastiche… ma ho deciso di non pubblicare nulla di tutto ciò, perché avrei plagiato la mente del lettore. Quest’ultimo, infatti, leggendo la descrizione di un mago, avrebbe visto la mia rappresentazione e non si sarebbe costruito un’idea sua. La nostra immaginazione è castrata; da questo punto di vista siamo fregati.”

Perché utilizza prevalentemente l’acquerello?

“Perché sono uno schifiltoso; non mi piacciono la puzza di olio e di acqua ragia, i pennelli sporchi, il colore che si è seccato sulla tavolozza… L’acquerello, invece, è pulito, non puzza e asciuga in fretta.
E poi, la luce sull’acquerello non è un colore che tu stendi, ma è il bianco del foglio. Tantissimi acquerellisti mettono un tocco di tempera per creare un riflesso di luce, ma io lascio quella zona di bianco puro del foglio.
I soggetti sono quelli che capitano, dipendono dalla mia Musa. Nei miei quadri, però, c’è sempre un significato nascosto e complesso, che mi aiutano a capirmi; finché non guardo il quadro finito, non so che cosa ho appena realizzato.”

Come trova l’ispirazione per un nuovo quadro?

“L’ispirazione arriva e basta. Non si può forzarla.
Qualcuno afferma che ci vuole disciplina, ma io non ce l’ho; se l’idea non è buona, mi dedico ad altro, mentre, quando l’idea arriva, devo per forza metterla giù, su un foglio, per vedere cosa posso sviluppare.”

Quando ha cominciato a dipingere?

“A 3 anni, all’asilo di Alassio, ho cominciato a mettere in successione tratti semplici e ho scoperto così la bellezza delle sequenze; alle elementari ero l’unico che adorava i compiti in classe, perché, alla fine del tema, potevo fare un disegno.
Dopo essermene andato di casa, ho cominciato a lavorare seriamente e da lì non ho mai smesso.”

In casa ha parecchi cd; possiamo parlare di musica?

“Io non sono un musicista, ma un semplice dilettante.
Ho cominciato a “strimpellare” qualcosa con la mia chitarra, finché nel 1971 un mio amico mi ha sentito suonare e ne ha parlato con Giampiero Scussel, un famoso direttore musicale. Fu proprio lui a suggerirmi di registrare ciò avevo composto; così, ha trovato un bravissimo arrangiatore, Marcello Minerbi, che mi ha aiutato nel lavoro.
Nel frattempo, sono stato convocato da Fontana (un politico dell’epoca), che mi ha invitato a prendere parte al Partito Socialista Italiano, sostenendo di poter costruire una buona squadra insieme.

Dopo il mio categorico rifiuto, però, i dischi già stampati sono stati mandati al macero, in quanto, non avendo aderito al partito, non vollero più finanziarmi; qualcuno di questi si è, comunque, salvato ed è stato diffuso.

Parecchi anni fa, sono stato contattato da un triestino, Dario Sant’Agnello, che mi ha invitato ad incidere un altro disco per raccogliere i nuovi pezzi scritti; dopo un’iniziale rinuncia, mi sono fatto convincere e, con l’aiuto di un bravo chitarrista locale, ho realizzato una traccia incisa delle canzoni che avevo prodotto negli ultimi 30 anni.

Sono state realizzate 200 copie, che ho regalato agli amici, tra cui il Professor Borchia, il quale ha partecipato alla realizzazione della copertina e alla scrittura di alcuni testi.”

In casa i libri sono ovunque: ha anche la passione della scrittura o si limita a leggere?

“Io leggo tantissimo; a sei anni ho cominciato a lavorare nella biblioteca pubblica di Alassio, dove vivevo con la mia famiglia, pur di leggere. Al momento, leggo circa 15 libri al mese, preferibilmente tutti cartacei, perché penso che sullo schermo non si possa parlare di libri ‘veri’.
Per quanto riguarda la scrittura, non so scrivere bene in prosa (anche se mi riescono bene i testi rimati delle canzoni); sono, però, un bravo correttore. Dopo aver scritto qualcosa, infatti, lo rileggo parecchie volte, apportando continue modifiche, finché non risulta un prodotto tollerabile.
Ho scritto un solo libro che è stato pubblicato e anche di ciò mi sono pentito.
Inizialmente sono stato contattato da Bonanno, un piccolo editore siciliano che voleva che traducessi un libro su un famoso sofista musulmano: i costi legati ai diritti d’autore, però, erano troppo alti; perciò, mi convinse a scrivere un libro mio. Questo contiene proverbi arabi e persiani, ricchi di saggezza e valori; personalmente, mi hanno aiutato in parecchie situazioni di vita.
In questa opera, ho inserito un piccolo trucco letterario: la prima pagina inizia, ma non finisce; subito dopo, viene presentato il vero e proprio libro e, solo quando si arriva alla fine, si trova la conclusione della prima pagina.
Un anno dopo, il libro fu pubblicato, ma non ne ho più saputo nulla: né se avesse avuto successo, né quante copie fossero state vendute.”

Sappiamo che ha vissuto per un lungo periodo in Sri Lanka; perché ha scelto proprio quel posto?

“Quando ci ho messo piede per la prima volta nel ’68, dopo un anno di India alle spalle, me ne sono innamorato. Mi sono fatto venire a prendere da un socio di mio padre, con cui non ho mai avuto un buon rapporto, che mi ha ospitato e mantenuto per un po’. A partire dall’85, mi sono stabilito in uno dei luoghi più belli del mondo: un piccolo forte militare affacciato sul mare, economico, vissuto, ma molto emozionante.
Dopo diversi anni passati in quel posto meraviglioso, l’edificio è stato venduto e mi sono ritrovato costretto a cercare una casa; dopo diverse traversie, ne ho trovata una piuttosto malmessa e, dopo averla restaurata fino a riportarla allo stato originario, ci ho vissuto fino al 2008.
Da allora, non ci ho mai più rimesso piede e mai lo rimetterò; quella è una storia d’amore finita con l’isola.
Già negli ultimi anni, l’isola era stata invasa dai nuovi colonizzatori: miliardari da tutto il mondo che hanno alterato l’economia del luogo; nel 2004 si è aggiunto anche il terribile tsunami che ha spazzato via case e vite umane.

Sono stato anche minacciato dalle bande armate che rubavano i gioielli e i documenti dai cadaveri, per poi ricattare le famiglie; avevo trasformato la mia casa in una sorta di ospedale da campo, per aiutare la gente disperata.
Ho retto ancora qualche anno, ma sapevo che me ne sarei dovuto andare.”

La sua casa è piena di oggetti presi dai suoi innumerevoli viaggi; può parlarci di qualcuno di questi?

“Quello sulla mensola è un tronco fossile che arriva dall’America, preso da un’antica bottega di antiquariato di Venezia. Quei volti, invece, erano le teste delle statue che venivano portate in processione; le ho prese in Sri Lanka, in fondo a dei pozzi, dopo che sono state cambiate e gettate via.
E poi, l’ultima cosa che ho comprato è simile a un raccontino dell’orrore. Ero a Ginevra e nevicava; volevo quasi tornare a casa mia a Graglia, quando ho deviato per andare ai mercatini. C’era un tale che aveva un piccolo tavolino con quattro “carabattole” sopra: tazzine spaiate, maschere per turisti… c’era qualcosa, però, avvolto in una piccola bandierina rossa, con un cartello: “Non toccatemi, per favore”.
Sono andato via. Sono poi tornato per guardare meglio, continuando a chiedermi cosa fosse.
L’uomo mi ha guardato e mi ha detto: ‘Vi ha scelto. È vostro’.
Dopo aver contrattato un po’ per il prezzo troppo alto, l’ho comprato e finalmente ho potuto toccarlo; uno spavento! Il tale mi ha detto: ‘Deve fargli una casa e dargli da mangiare ogni giorno; lui crescerà e la proteggerà’.
Ho fatto cento metri e poi sono tornato indietro almeno per chiedere all’ambulante dove l’avesse preso.
Ma lui non c’era più.”

Secondo lei, è meglio eccellere in una cosa sola oppure essere mediocre in tante?

“Vi rispondo con un proverbio arabo.
‘Una mamma coniglietta va a trovare una mamma leonessa e le dice: «Pensa, dodici coniglietti ho partorito, dodici! E tu?» e la mamma leonessa risponde: «Uno, ma leone.»’
È la mia natura, sono troppo curioso; ho preferito avere una vasta e superficiale cultura, che non una sola approfondita.
Se c’è una cosa che ti attrae e ti cattura, falla. Perché sono le cose che scelgono te, noi non scegliamo mai nulla.”

A scuola frequentiamo un corso sull’Intelligenza artificiale; cosa pensa dell’IA?

“Non penso niente. Non ne voglio pensare niente. La solita battuta che si fa è ‘Occupiamoci dell’intelligenza naturale prima di sviluppare quella artificiale’; inoltre, tutte le invenzioni degli esseri umani sono state trasformate in strumenti per fare del male a qualcun altro.
L’Intelligenza Artificiale è una scoperta meravigliosa, che permette di avere la Biblioteca di Alessandria a portata di mano, ma è diventata una cosa atroce.
Qualche tempo fa, mi hanno chiesto di fare il giudice in un corso di illustrazioni di Tolkien; il 98% di ciò che ho visto era copiato, brutto e digitale.”

Queste parole ci hanno sicuramente arricchito l’anima, speriamo che sia stato lo stesso per voi e che, come Crida, possiate fare della vostra vita un’opera d’arte. Martina Borello e Anna Maffiotti